I vescovi del Mozambico prendono una forte posizione contro gli “atti di vera barbarie” in corso nel Nord del Paese, a Cabo Delgado. Dove le incursioni armate, nei villaggi, si fanno sempre più frequenti e violente. Con l’obiettivo, più o meno esplicito, di terrorizzare gli abitanti e indurli ad abbandonare i villaggi.
“È necessario dare una risposta urgente a questa tragedia – scrivono i vescovi– Bisogna intervenire anche sulle cause del conflitto, tramite la promozione di progetti di sviluppo e la fornitura di servizi essenziali, come quelli legati alla salute e all’istruzione”. L’audio e alcuni stralci del testo sono riportati da Vatican News.
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L’appello della Conferenza Episcopale del Mozambico (CEM) giunge al termine della prima Assemblea Plenaria, tenuta dal 9 al 13 giugno presso il seminario di Sant’Agostinho da Matola, vicino Maputo.
I vescovi chiedono che si prenda atto della tragedia in corso a Cabo Delgado, da parte di non meglio identificati terroristi (che definiscono se stessi jihadisti). Oltre 200mila persone sono sfollate, alimentando il numero della popolazione in altre zone del Paese, come nella provincia di Nampula, dove stanno affluendo ondate di rifugiati interni.
Nampula e tutta la zona del corridoio di Nacala, nella regione centrale del Mozambico, sono da anni al centro di un fenomeno che genera povertà, causato dai sistematici furti di terra, da parte di multinazionali e governi stranieri (Brasile e Giappone in primis), il cosiddetto land grabbing.
Il forte appello della Conferenza Episcopale Mozambicana segue quello lanciato dai Vescovi della Provincia Ecclesiastica di Nampula, nel nord del Mozambico, di cui fa parte Cabo Delgado.
“Gli attacchi sono iniziati circa due anni e mezzo fa, ma ultimamente hanno guadagnato un ritmo e una dimensione spaventosi, con diversi attacchi simultaneamente, in villaggi lontani l’uno dall’altro, il che rende ancora più difficile agire per la polizia e i militari del Mozambico” spiega monsignor Luíz Fernando Lisboa, vescovo di Pemba, come riporta l’agenzia Fides.
Secondo monsignor Lisboa “più che conquistare il territorio con la forza delle armi, questi uomini con i volti coperti seminano il panico, con l’obiettivo di costringere la gente a fuggire abbandonando i villaggi in cui vive. Sin dai primi attacchi, lo schema è stato lo stesso: “Bruciare case, uccidere persone in modo brutale, tagliando le teste”.