Non c’è pace nella Repubblica Centrafricana tormentata da un conflitto “a bassa intensità” tra milizie armate e forze governative. Nonostante la firma dell’accordo di pace siglato il 5 febbraio del 2019 a Khartoum, il Paese non è sicuro.
Gli ultimi episodi di violenza risalgono ad una settimana fa: «la città di Obo è stata messa a ferro e fuoco e la settimana scorsa hanno sparato nel centro di un’altra cittadina, Ndele. Le milizie continuano a creare problemi e non rispettano la firma dell’accordo. Questa è una situazione drammatica: si sperava tanto nella pace», ci racconta al telefono da Bangui suor Elvira Tutolo, 71 anni, missionaria della Carità di Santa Giovanna Antida Thouret.
L’estrema instabilità del Centrafrica sempre in bilico è dovuta alla presenza capillare di uomini armati (si contavano 14 milizie prima della firma dell’accordo), divisi in fazioni opposte al governo centrale, che rivendicano ruoli di prestigio e potere all’interno dell’esecutivo.
Pomo della discordia sono naturalmente ministeri di peso che tutti vorrebbero ricoprire: quello della Difesa e dell’Interno, delle Miniere e dell’Economia. Il più battagliero, e il meno disposto a cedere potere è il Front démocratique pour le peuple de Centrafrique (FDPC).
«L’’unica cosa positiva che vedo è che il governo ha ricostruito l’esercito nazionale, il Faca, ma i gruppi armati non hanno per niente deposto le armi», conferma la suora.
«L’anno passato si è arrivati ad un accordo condizionato: la comunità internazionale ha detto: “se smettete di combattervi vi diamo dei ministeri”: parlavano di governo inclusivo e di unità nazionale – ci racconta suor Elvira – Ma a mio avviso è stato un vero patteggiamento col nemico. Noi missionari, che conosciamo la sofferenza della gente, abbiamo sempre detto che non era giusto negoziare».
Un altro rischio, spiega la missionaria, è che gli uomini ex Seleka (gruppo armato di matrice islamista, tra i più violenti) che fino ad un anno fa massacravano la popolazione, in opposizione agli anti-Balaka, di matrice cristiana, si ritrovino in ruoli chiave di governo e possano effettuare ritorsioni sulla gente. «Noi adesso ci ritroviamo come interlocutori quelli che fino all’altro ieri ci minacciavano», spiega.
Scandagliando i motivi profondi all’origine di questa conflittualità interna ancora una volta la ricchezza del sottosuolo appare la vera condanna: «la fortuna e sfortuna del Centrafrica è quella di avere tante risorse: io dico sempre che non so perchè il Signore abbia voluto concentrare tante ricchezze in uno spazio così piccolo! Qui troviamo tutto: petrolio, oro, minerali preziosi. C’è di tutto. Che siano russi, cinesi o francesi gli stranieri si spartiscono le nostre ricchezze».
In lingua sango la Repubblica Centrafricana è detta “cuore dell’Africa”. «È esattamente il cuore del continente – spiega suor Elvira – e a livello geopolitico è importante per molte nazioni avere qui delle basi militari. Il Centrafrica fa da pietra d’inciampo per tutti coloro che ambiscono al Congo e al Kenya. E’ un argine all’avanzata islamista nel Sud del continente».
Suor Tutolo, da 25 anni missionaria in questo Paese, è una vera forza della natura: donna tenace e comunicativa, un caterpillar che dosa bene vigore e senso materno, in grado di vincere ogni resistenza.
Tanto che lo scorso anno le è stato assegnato dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella il riconoscimento di Commendatore al merito dell’Ordine della Repubblica italiana.
Lei è la madre del Centro Kizito che ha sottratto per 20 anni i bambini alle milizie armate, ed è diventato un’istituzione a Berberati, dove la suora ha operato fino a sei mesi fa.
«Adesso che sono in quest’altra missione, con le mie consorelle, stiamo cercando di organizzarci per progettare in futuro un altro centro simile, ma ancora è tutto da valutare», ci spiega.
Le violenze nel Paese sono iniziate nel 2012, quando una coalizione di gruppi ribelli a maggioranza musulmana chiamati appunto Seleka – che nella locale lingua sango significa “alleanza” – diedero vita a una rivolta e tre mesi più tardi presero il potere con un colpo di Stato.
A quel punto entrarono in gioco le milizie anti-balaka, composte da uomini armati e miliziani che si definivano cristiani e che stavolta hanno preso di mira la popolazione di religione musulmana.
Foto di copertina dal sito della Monusca, la missione delle Nazioni Unite in Centrafrica.