La notizia della liberazione di padre Robert Masinda e del suo collaboratore, rapiti lunedì scorso nella diocesi di Butembo-Beni, in Congo, fa tirare un sospiro di sollievo a quanti hanno seguito con apprensione tutta la vicenda.

Ma non crea illusioni circa lo sblocco dell’impasse congolese: la repressione violenta del dissenso politico manifestato da una società civile pacifica e inerme, è sempre più preoccupante, come ha evidenziato anche Papa Francesco.

In particolare la Chiesa cattolica è sottoposta da tempo ad una forte pressione per mettere a tacere le proteste nei confronti del Presidente uscente Joseph Kabila.

Il rapimento di Robert Masinda è forse opera di gruppi armati di opposizione: il sacerdote è stato prelevato, lo scorso 22 gennaio, assieme ad altri cinque tecnici della fattoria didattica “Nino Baglieri”, un progetto di formazione alle tecniche di agricoltura e allevamento realizzato grazie ai fondi dell’otto per mille Cei. Ma non è l’unico.

Si tratta del sesto sacerdote rapito nella diocesi di Butembo-Beni dal 2012 ad oggi.

La Conferenza episcopale italiana ieri in un comunicato, nel chiedere la liberazione di don Ropert ha scritto che questo sequestro «è sintomatico del malessere che da molto tempo attanaglia la Repubblica Democratica del Congo».

In un contesto dove «la stremata popolazione civile è sottoposta, quotidianamente, ad ogni genere di vessazioni da parte di innumerevoli formazioni armate.

A ciò si aggiunga la delicatissima situazione politica nazionale, segnata dalla repressione nei confronti di quei cattolici che, lo scorso 31 dicembre, hanno protestato, e continuano a farlo pacificamente, nei confronti di coloro che nel paese africano impediscono lo svolgimento delle elezioni».

Il Presidente Joseph Kabila non ha nessuna intenzione di lasciare la sua poltrona e il ritardo nell’indire nuove elezioni genera grande tensione e rabbia tra la popolazione.

La marcia ‘nonviolenta’ del 31 dicembre scorso, aveva lo scopo di invitare il presidente a rispettare il 1° paragrafo dell’ articolo 70 della Costituzione, il quale recita: «Il presidente della Repubblica è eletto per un mandato di cinque anni rinnovabile una sola volta».