«Sono molto preoccupato per la possibile degenerazione della protesta esplosa in America: le manifestazioni anti-razziali potrebbero portare ad un vero e proprio conflitto civile. E’ chiaro che la misura era davvero colma».
Ora il rischio è che la polarizzazione tra ‘suprematisti’ bianchi (che possiedono armi) e manifestanti che difendono la causa anti-razziale, porti ad un aperto e violento scontro sociale.
A parlarcene al telefono da Washington è padre Aniedi Okure, afroamericano (originario della Nigeria), missionario domenicano e direttore dell’Africa Faith and Justice Network. Il movimento BlackLivesMatter sta dilagando in strada anche in queste ore.
Si tratta anche di un’ottima occasione per unire «la Chiesa in America, e per dare una risposta collettiva ed evangelica, tra i cristiani. Non ci sono uomini di serie A e di serie B. Non ci sono uomini più uomini di altri», dice il domenicano.
«Le proteste sono partite dalle grandi città, da Chicago, da Los Angeles, Minneapolis, Miami, ma presto sono arrivate nei sobborghi, nelle periferie degli Stati Uniti; – spiega – è una miccia accesa, questa, che anziché venire smorzata da Donald Trump, è alimentata e fa scatenare ancora di più la rabbia della gente». Una rabbia comprensibile.
La tremenda uccisione di George Floyd a Minneaopolis il 25 maggio scorso, da parte di un poliziotto bianco, ha fatto esplodere un sentimento di rivendicazione che covava da sempre sotto la cenere in America. Stavolta, rispetto alle altre, la protesta si è subito estesa ed è diventata globale.
«A manifestare adesso sono più i bianchi che i neri», precisa padre Okure. Le manifestazioni hanno rotto gli argini. E continuano a diffondersi in tutti gli USA, come raccontano le molte cronache locali.
Cosa chiedono le persone in piazza?
«Non si tratta solo di dire no alla violenza della polizia nei confronti dei neri – spiega padre Okure – si tratta anche di rifiutare una società americana profondamente discriminatoria».
E ancora: «Stiamo parlando di una cultura del razzismo, di una narrativa che attribuisce sempre ai neri la responsabilità di ogni fatto di cronaca nera, ma invece dobbiamo ricordare che sono i bianchi a possedere più armi in casa in America– dice – La separazione negli Usa esiste e ha origini lontane, nello schiavismo». Ma perchè tutto questo è deflagrato proprio ora, con tale virulenza?
«Il lockdown per via del Coronavirus, la chiusura in casa, e la paura di venire infettati hanno amplificato il disagio. Sono molto preoccupato che possa scoppiare qualcosa di grosso», prosegue il domenicano.
In molti casi la polizia si è «schierata con la gente, per esempio a Miami. La gente ha bisogno di sentirsi appoggiata. Non va usata la forza contro di loro. Trump ha messo in campo la guardia nazionale».
Andando a ritroso nella gestione politica del Paese, padre Okure ricorda che con Barack Obama gli Usa avrebbero potuto compiere una svolta verso il superamento di una logica razzista che vede «il sistema scolastico, la giustizia, la sanità favorire una parte della società a discapito dell’altra».
Ma invece i suprematisti bianchi hanno avuto la meglio. Una certa visione del mondo ha preso il sopravvento: «E possiamo ben dire che purtroppo l’Amministrazione Obama ha alimentato la rabbia dei razzisti e ha preparato il terreno all’elezione di Donald Trump».