«Stand with Stan», «Stai con Stan». E’ questo il grido dei tanti amici, familiari, semplici cristiani che hanno manifestato fino all’ultimo per la scarcerazione di padre Stan Swamy, sacerdote gesuita indiano.
Arrestato ad 83 anni l’8 ottobre 2020 da agenti della polizia federale indiana con l’accusa di attentare alla sicurezza dello Stato, dopo qualche mese di carcere padre Stan ha visto precipitare le sue condizioni di salute, già precarie. E’ morto mentre in tribunale i giudici stavano esaminando l’ennesima richiesta per il suo rilascio su cauzione.
La sua scomparsa è stata definita da molti «un omicidio istituzionale di un’anima gentile da parte di uno Stato disumano». Perché tutto quello che ha commesso è stato lottare per restituire agli indigeni le loro terre, diventando per il sistema di potere indiano un pericolo che attentava agli interessi di “sviluppo economico del Paese”.
Questo sacerdote e attivista ha lottato una vita in difesa dei diritti delle minoranze etniche dell’India, i tribali, i dalit, diseredati e poveri.
Nel docu-film realizzato da Luci nel Mondo per Missio Giovani, in occasione della Giornata dei Missionari Martiri, padre Xavier Jeyaraj, segretario per la giustizia sociale e l’ecologia della Curia generalizia dei Gesuiti, lo definisce «un “contemplativo in azione”, come Gesù, che è vissuto tra i poveri, ha lottato per gli emarginati, le vittime, i vulnerabili».
Padre Stan credeva in una Chiesa incarnata, come la vuole papa Francesco, in una Chiesa che vive il bene comune e sta con la gente.
Padre Jeyaraj dice ancora del suo confratello Stan Swamy: «Lo chiamerei martire. È stato ucciso da un sistema che, in nome del progresso, calpesta con determinazione i diritti delle minoranze e sistematicamente ha punito padre Stan per le sue azioni e le sue posizioni. Era indubbiamente una spina nel fianco per le autorità».
Anche padre Antonio Spadaro, direttore de La Civiltà Cattolica, intervistato nel docu-film descrive padre Swamy come «una figura che mi ha molto colpito: l’essere stato messo da parte, carcerato e perseguitato per la sua azione di giustizia, per difendere Cristo nei fratelli più poveri, ha fatto rifulgere la sua testimonianza che è diventata molto problematica per le autorità. La testimonianza dei cristiani a volte mette in discussione il potere, se questo cerca di silenziare quanti rivendicano giustizia».
La voce di Stan oggi urla ancora di più: ha dato la vita per difendere Cristo nei suoi fratelli più poveri, nei diseredati. E, per questo, è un grande modello di testimone e profeta.
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