Don Valerio Bersano, segretario nazionale di Missio Adulti&Famiglie, Missio Consacrati e Missio Ragazzi, ogni mese commenta l’intenzione di preghiera proposta da papa Francesco tramite l’Apostolato della Preghiera, Opera e Fondazione pontificia. La riflessione di don Bersano viene pubblicata in una pagina ad hoc sul mensile “Popoli e Missione”. Volentieri la riportiamo anche qui.
«Preghiamo perché lo Spirito aiuti a riconoscere il dono dei diversi carismi dentro le comunità cristiane e a scoprire la ricchezza delle differenti tradizioni rituali in seno alla Chiesa cattolica».
Nel mese in cui tutti i discepoli di Gesù sono chiamati a riunirsi per invocare il dono dell’unità fra i cristiani di tutto il mondo, l’Apostolato della Preghiera ci esorta ad invocare l’aiuto dello Spirito Santo, perché ci illumini a comprendere i carismi nella Chiesa. Ma cos’è esattamente un carisma e come possiamo riconoscerlo, per poi accoglierlo? Se nella Chiesa vi è una molteplicità di carismi, questo è positivo, oppure è un problema? Nel linguaggio comune, il termine “carisma” suggerisce di parlare di talento, cioè quasi un’abilità personale. Si dice: «Questa persona ha uno speciale carisma, possiede un certo talento». Ma nella tradizione cristiana il carisma è ben più di una qualità personale: il carisma è una grazia, un dono elargito da Dio Padre, attraverso l’azione dello Spirito. Ed è un dono che ciascuno mette al servizio della comunità, con gratuità e dunque con grande amore; è quindi un bene di tutti e per tutti. Se nel considerare i “carismi” noi arriviamo a comprendere la necessità di vivere maggiormente il servizio, possiamo pensare allo stesso modo le tradizioni liturgiche, o i riti, che le comunità cristiane vivono nella Chiesa. Quali sono questi riti oggi? Pensiamo al rito latino (principalmente il rito romano, ma anche quei riti legati ad alcune Chiese locali come il rito ambrosiano o di certi ordini religiosi) e i riti bizantino, alessandrino o copto, armeno, siriaco, maronita e caldeo. Lo dichiara il Magistero della Chiesa quando afferma che «il sacro Concilio, in fedele ossequio alla tradizione, dichiara che la santa Madre Chiesa considera con uguale diritto e onore tutti i riti legittimamente riconosciuti, e vuole che in avvenire essi siano conservati e in ogni modo incrementati». La diversità liturgica può essere fonte di arricchimento (e lo sanno bene i missionari, talvolta impegnati in riti e tradizioni diverse nella realtà in cui vivono), ma può anche provocare tensioni, incomprensioni e addirittura scismi. Sappiamo che, proprio nel rispetto delle tradizioni, la diversità diventa ricchezza e non nuoce all’unità, piuttosto educa tutti al rispetto ed alla stima reciproca, all’inclusione, nella fedeltà alla fede comune, compiendo segni sacramentali, cioè segni di comunione, nell’impegno di testimoniare l’unità (per cui Cristo ha pregato nell’ora suprema della consegna di sé stesso).