Don Valerio Bersano, segretario nazionale di Missio Adulti&Famiglie, Missio Consacrati e Missio Ragazzi, ogni mese commenta l’intenzione di preghiera proposta da papa Francesco tramite l’Apostolato della Preghiera, Opera e Fondazione pontificia. La riflessione di don Bersano viene pubblicata in una pagina ad hoc sul mensile “Popoli e Missione”. Volentieri la riportiamo anche qui.
«Preghiamo perché i malati nella fase terminale della propria vita, e le loro famiglie, ricevano sempre la cura e l’accompagnamento necessario, sia dal punto sanitario che da quello umano».
In questi ultimi 20 anni, anche in Italia, è cresciuta la consapevolezza che tutti i malati, soprattutto nella fase terminale della vita, vanno accompagnati con una particolare attenzione e umanità, perché bisognosi di cure sia dal punto di vista fisico che di quello psicologico. Fra i diritti del malato terminale c’è anche quello di vivere gli ultimi istanti con la massima serenità spirituale, perché se la persona umana non è più nella condizione di «guarire», è nella condizione di venir «curato». Nella carta dei diritti del malato la legge consente al malato terminale di prendere alcune decisioni che lo riguardano: «Ogni cittadino, anche se condannato dalla sua malattia, ha diritto a trascorrere l’ultimo periodo di vita conservando la sua dignità, soffrendo il meno possibile e ricevendo attenzione e assistenza». Un passo decisivo nella cura dei malati gravi è costituito, a partire dal 2010, nel poter ricevere le “cure palliative”, la cosiddetta “terapia del dolore”, nel caso specifico in cui il malato si trovi in una profonda sofferenza fisica e psicologica. Le “cure palliative” sono possibili nelle strutture sorte in tutte le regioni, proprio per avviare quei trattamenti che, pur non servendo più a rallentare la malattia, rendono al paziente un servizio di assistenza e di terapia farmacologica, per rendere il meno doloroso possibile l’ultimo tratto di vita della persona sofferente.
Spesso è importante che le “cure” vengano estese anche ai familiari del paziente, attraverso l’assistenza psicologica e morale, e proprio in questo campo può rendersi evidente la vicinanza – umile e delicata – della comunità cristiana: la dignità di ogni fratello e sorella nella malattia richiede un delicato e misericordioso “esserci”, con solidarietà e grande amore. E’ di rilevante valore la costituzione, in molte diocesi, di gruppi di operatori laici, opportunamente formati, che si affiancano ai cappellani ospedalieri, ma altri volontari sono spesso presenti negli hospice, luoghi di accompagnamento al fine vita, con la disponibilità a offrire tempo, compagnia, conforto. Confrontarsi con la fragilità umana, in ogni suo aspetto, dà nuovo significato e profondo valore ad ogni momento dell’esistenza di ciascuno, perché sia vissuta in pienezza.