Don Valerio Bersano, segretario nazionale di Missio Adulti&Famiglie, ogni mese commenta l’intenzione di preghiera proposta da papa Francesco tramite l’Apostolato della Preghiera, Opera e Fondazione pontificia. La riflessione di don Bersano viene pubblicata in una pagina ad hoc sul mensile “Popoli e Missione”. Volentieri la riportiamo anche qui.
«Preghiamo per le parrocchie: mettendo al centro la comunione, siano sempre più comunità di fede, di fraternità e di accoglienza verso i più bisognosi».
Le parrocchie non sono gli spazi della chiesa in muratura, ma luoghi dell’incontro, dove si curano le relazioni con tutti, dove non si spiega con molte parole la fraternità ma la si sperimenta concretamente, dove ci si accoglie con il saluto e ci si riconosce per quello che si è.
Nelle prime comunità (narrate dall’evangelista Luca negli Atti degli Apostoli ed in molti scritti dei primi secoli, come la Lettera a Diogneto scritta 2000 anni fa) si ricorda che le piccole presenze di gruppi di discepoli di Gesù erano viste con attenzione: «Guardate come si amano!». Era un’esclamazione di grande ammirazione, forse anche per avvisare che altri erano così sorpresi e “convertiti” da questo esempio di fraternità, da voler emulare una simile condivisione.
Forse questa constatazione non riusciamo a esprimerla oggi… Ma se ci fossero cristiani così (e ci sono), potremmo rimanere tiepidi? Non possiamo accontentarci di dirci cristiani credenti, ma dobbiamo essere cristiani credibili, cioè testimoni veri e non semplici maestri delle chiacchere sulla religione, come avviene nei talk show televisivi.
Credo allora che pregare per le nostre parrocchie significhi invocare da Dio la perseveranza, predisporci ad accogliere il dono della fede giovane, per vivere la freschezza dei primi discepoli: pronti a vivere la comunione, mostrare nei fatti che siamo fratelli e sorelle, in tensione verso una dimensione di Chiesa per certi versi inedita qui in Italia.
Non siamo più una realtà di Chiesa che si vede riconoscere il proprio ruolo, né abbiamo un posto riconosciuto per l’alto numero di praticanti (siamo infatti minoranza), né la nostra presenza è in grado di condizionare le scelte della politica e dell’economia (meno male, credo io), perlopiù risultiamo, sotto molti punti di vista, irrilevanti, ritenuti da molti “fuori dalla storia”.
La forza della testimonianza è davvero il presente ed il futuro della Chiesa che non ricerca di apparire sui media, ma gli basta lo stile di Gesù, quello indicato nei Vangeli, spiegato dal Maestro quando risponde ai discepoli di Giovanni il Battista che chiedono se compie i segni messianici: «Andate a dire: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo».
Questa premura per i più bisognosi e i tanti segni di misericordia conservano anche oggi la forza profetica del Regno di Dio.