Il 16 gennaio ricorrono 150 anni dalla nascita di Paolo Manna, fondatore dell’attuale Pontificia Unione Missionaria.
Di lui, pochi giorni fa, ha parlato anche papa Francesco nel Messaggio per la Giornata Missionaria Mondiale 2022: «E’ stato sotto l’ispirazione e la guida dello Spirito Santo – ha scritto il Santo Padre – che il Beato Paolo Manna, nato 150 anni or sono, fondò l’attuale Pontificia Unione Missionaria per sensibilizzare e animare alla missione i sacerdoti, i religiosi e le religiose e tutto il popolo di Dio. Di quest’ultima Opera fece parte lo stesso Paolo VI, che le diede il riconoscimento pontificio».
Un ricordo speciale del Beato viene fatto anche nella diocesi di Avellino, luogo natio di Manna, dove l’Ufficio missionario ha organizzato varie iniziative per far conoscere questo personaggio così importante nella storia della Chiesa e ancora attuale nei suoi insegnamenti e testimonianza: tra le varie iniziative, ricordiamo il concorso scolastico dal titolo “Il Beato padre Paolo Manna nel tempo di una memoria”, che coinvolge sia gli istituti primari che secondari, con l’utilizzo e la diffusione di materiali diversi.
Alle scuole elementari e medie coinvolte nel concorso, la diocesi di Avellino ha consegnato varie copie della nostra rivista per ragazzi “Il Ponte d’Oro”, dove nel numero di gennaio si racconta la vita a fumetti del Beato Paolo Manna: un modo per far conoscere questa figura a misura di bambino.
Ma chi è Paolo Manna?
Era il 1872 quando, colui che poi diventerà, sacerdote, missionario e beato, nacque ad Avellino. Era il quinto di sei fratelli. La sua era una famiglia benestante, colta, aveva un negozio di “generi di moda”, come si diceva allora. Presto rimase orfano e fu cresciuto dagli zii, che accolsero la sua richiesta di entrare in Seminario.
Presto Manna capì che il suo desiderio più grande era quello di «dedicarsi interamente alla salvezza degli altri», diventando missionario in terre lontane, e chiese ai suoi familiari di andare a studiare a Milano, nel Seminario missionario del Pontificio Istituto Missioni Estere (Pime).
Dopo l’ordinazione sacerdotale nel 1894, lasciò l’Italia per la Birmania. Ma presto fu costretto a rientrare a causa delle sue scarse condizioni di salute, a soli 35 anni. Per questo si definì un «missionario fallito».
Eppure, non si perse d’animo e si impegnò a «servire le missioni dall’Italia», come amava dire. E così diventò redattore e poi direttore de “Le Missioni Cattoliche” lavorando per il rilancio delle due Opere missionarie, quella della Propagazione della Fede e quella della Santa Infanzia. Da allora divenne giornalista, scrittore e animatore missionario.
Presto si accorse che tanti sacerdoti italiani (e non solo) non si preoccupavano di far conoscere il Vangelo alle popolazioni che non avevano mai sentito parlare di Gesù. Così gli venne in mente di fondare l’Unione Missionaria del Clero, che poi è diventata l’Opera dedicata a sacerdoti, religiosi e suore. Oggi il suo nome completo è Pontificia Unione Missionaria, considerata da papa Paolo VI «l’anima delle Pontificie Opere».
L’intuizione del Beato Manna che ha portato alla fondazione di quest’Opera è ancora attuale: c’è bisogno di diffondere la passione, l’entusiasmo per la missione, non solo tra i laici ma anche tra i sacerdoti, sin da quando sono seminaristi. In altre parole: se il clero non è il primo ad essere innamorato della missione, il messaggio del Vangelo non raggiungerà mai tutti i popoli e gli angoli della terra.
Ecco che il motto del Beato Manna, “Tutta la Chiesa per tutto il mondo”, è ancora uno slogan che la Chiesa può fare proprio per aiutare a dare alla dimensione missionaria un ruolo centrale nella vita ecclesiale di oggi.