A Trieste in piazza della Libertà, davanti alla stazione, c’è un mondo che arriva e che parte: è quello dei migranti della rotta balcanica, «che bisogna scegliere di vederlo», dice padre Giovanni Lamanna, direttore della Caritas, «altrimenti è un mondo assolutamente invisibile». Eppure sono centinaia tutti i giorni che arrivano in condizioni disperate.

Padre Lamanna parla alle telecamere di Luci nel Mondo, per uno degli otto docufilm prodotti per la Fondazione Missio in occasione dell’Ottobre missionario. Si intitola “I crocicchi di Trieste… oltre l’essere buoni” e racconta come varie associazioni locali si prendano cura dei migranti arrivati in città, curando le ferite ai piedi e alle gambe, assicurando loro del cibo o un riparo.

E’ una processione silenziosa di gente: chi arriva con una sporta di cose, chi soltanto con il traduttore di Google per dialogare con il ragazzo pachistano, curdo, iracheno.

Trieste, anche da questo punto di vista, è un crocicchio. «Solo che bisogna scegliere come starci», continua padre Giovanni. «Noi abbiamo scelto la strada che ci ha indicato il samaritano».

La Caritas ha aperto un centro di accoglienza vicinissimo alla stazione. In poco tempo un centinaio di volontari si sono fatti avanti e danno una grossa mano nella gestione, facendo i turni. «Tra il silenzio assordante di molte istituzioni, io porto cibo in piazza della Libertà», dice nel video Marianna, «non perché sono buona, ma come forma di resistenza. Sono indignata! Non è possibile che questi ragazzi arrivino in questo modo. La differenza tra mio figlio che è partito con un trolley e un passaporto forte (quello italiano) in cerca di un lavoro migliore all’estero e questi poveri ragazzi che arrivano con i piedi sfasciati dopo essere stati torturati lungo la rotta balcanica, è soltanto il posto dove sono nati. Quante telefonate abbiamo fatto con mamme in Pakistan o in Iraq per dire: tuo figlio sta bene, è qui, tutto ok. Semplicemente faccio quello che vorrei venisse fatto a me».

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