Vocazione, futuro, profezia e nuovi esodi: quattro passi per altrettante giornate, quelle di formazione e spiritualità missionaria, volute dall’Ufficio CEI per la Cooperazione Missionaria tra le Chiese e vissute alla Domus Pacis di Assisi da domenica scorsa ad oggi – mercoledì 29 agosto – dai 230 rappresentanti del mondo missionario delle diverse diocesi italiane.
Quattro passi ma un unico filo rosso che li tiene uniti: la Parola di Dio, che emerge sempre più come una realtà irrinunciabile. Una Parola che grazie al contributo dei vari relatori in questi giorni è stata presente con sincerità, autorità e competenza ed è servita per abbattere muri e creare ponti. Ponti tra giovani e adulti, tra laici e sacerdoti, tra uomini e donne, tra tutti e ciascuno.
Dalla Parola di Dio ha preso il via anche l’ultima giornata, con la celebrazione eucaristica nel Refettorietto della Basilica di Santa Maria degli Angeli, nel ricordo di don Gianantonio Allegri, presbitero della diocesi di Vicenza e fidei donum in Camerun, che stamani ha chiuso i suoi occhi alla terra e li ha aperti al cielo dopo una aggressiva malattia che lo ha spento prematuramente. Ma la Parola di Dio è stata spezzata anche nella lectio, guidata da Luca Moscatelli, biblista, che ha sottolineato come l’esodo sia un’esperienza da vivere quotidianamente nell’incontro con il Signore: un esodo da se stessi, una dinamica da non tradire.
I partecipanti tornano nelle proprie diocesi consapevoli che la formazione non termina oggi ma inizia nel quotidiano di ciascuno.
Negli spunti che a conclusione del convegno le moderatrici delle singole giornate hanno voluto focalizzare, è stata data risonanza ad alcune sollecitazioni che devono accompagnare il rientro nei propri ambienti di vita ecclesiale.
Per esempio: ascoltare il grido dei giovani, perché essi sono stanchi delle banalità: “Non c’è bisogno di tante parole: quello che conta – ci dicono – è la pienezza di vita”; l’idea di camminare insieme, cioè di costruire fraternità, che è la sfida del prossimo futuro della Chiesa: camminare insieme è il riconoscerci a vicenda, il vedere i giovani come nostro specchio, l’essere disposti come adulti a mettersi in gioco.
«La fraternità – ha riassunto Antonella Marinoni, moderatrice della Tavola Rotonda di ieri e appartenente alla Comunità Missionarie Laiche – è addirittura la profezia di oggi».
Quali sono le condizioni di possibilità di una buona riuscita della fraternità?
Certamente il risvegliare immagini di fraternità attraverso la Parola, l’ascolto, la meditazione, le esperienze di Chiesa multiforme nell’alterità, nelle diversità di carismi; il sentirsi sempre in uno stato permanente di conversione, che significa disponibilità a cambiare: la condizione del discepolato dice che siamo persone che possono continuamente imparare; il nutrire gratitudine per sentirsi una minoranza qualificata, una comunità che resiste: cambiare il risentimento e la lamentazione in bellezza della riconoscenza.
E’ importante mettere a fuoco anche quali sono le difficoltà nel creare fraternità, come: le frontiere invisibili che separano di fatto le categorie (esempi: il linguaggio, le risposte sempre pronte, il non farsi domande; il non ascoltare); le ferite vissute e non rielaborate; il narcisismo, che non è il vedere in maniera demoniaca l’autorealizzazione di sé, ma è il dimenticare il pronome “noi”, la gratuità e il dono; il giudizio reciproco, tirando conclusioni affrettate sulle alterità.
Sono, questi, suggerimenti da cui ripartire, non certo una ricetta da prendere come tale.
Don Michele Autuoro, direttore di Missio, nel concludere la mattinata ha infatti sottolineato come l’intento di queste giornate fosse dare spunti, aprire porte, perché ognuno potesse avviare processi nei propri ambienti ecclesiali ma soprattutto a livello personale: «Queste giornate – ha detto – non dovevano rivelarsi un incontro di pastorale giovanile su come approcciare i giovani. Piuttosto, invece, si sono aperte prospettive e processi a cui dare seguito all’insegna di una fiducia e di una speranza proprie del mondo giovanile».
E’ stata una giovane partecipante, che ieri ha condiviso con profondità la propria riflessione biblica con gli adulti nei laboratori di gruppo, a sintetizzare al meglio il mandato di questo evento:
«Non è scontato – ha detto Chiara – incontrare adulti disposti a mettersi in gioco con noi giovani: vi ringrazio per questa occasione e per averci chiesto di essere qui. Credo, infatti, che si debba uscire da una dinamica di confronto che logora vicendevolmente, per abbracciare una dinamica di dialogo, che è quello che abbiamo fatto in questi giorni tra giovani e adulti. Grazie».