Un giro di orizzonte a 360 gradi per capire dove cammina oggi la missione nel mondo. Con una analisi geopolitica degli scenari internazionali si é aperta ieri la 21esima edizione delle Giornate nazionali di formazione e spiritualità missionaria “Cuori ardenti, piedi in cammino” promosse dall’Ufficio di Cooperazione missionaria tra le Chiese-Cei presso la Domus Pacis di Assisi. La Giornata dedicata al tema “Occhi aperti” ha messo al centro la relazione del professor Stefano Verzè, esperto di geopolitica, con l’approfondimento di scontri e alleanze tra grandi potenze mondiali, oltre la guerra in Ucraina. L’analisi parte dalle aspirazioni territoriali di Putin a di ridisegnare i confini d’Europa tornando all’impero zarista «riaccorpando i Paesi che dopo la disgregazione dell’Urss hanno cominciato a guardare all’Occidente». Mentre l’Unione europea si rafforza e cresce, gli Usa devono confrontarsi con la crescita della Cina «con una rivalità che fa da filo conduttore alla storia degli ultimi due decenni. Sugli squilibri geopolitici globali si innestano poi le crisi locali e le guerre “dimenticate” nel mondo, i nuovi conflitti, dove gli interessi economici e lo sfruttamento delle risorse sono sempre presenti». Di fatto l’interconnessione favorisce la conflittualità globale, senza dimenticare i nazionalismi e la questione migratoria sempre aperta. E ora la guerra in Ucraina è una nuova sfida per l’Europa, che laddove è stata unita ha sempre vinto».
Ma, in questo contesto così preoccupante, dove stanno andando i “piedi in cammino” dello slogan? «Ora capiamo come dovevano sentirsi i discepoli di Emmaus prima di incontrare Gesù risorto…La nostra Storia può tornare ad essere abitabile – ha detto mons Ezio Falavegna aprendo una “Finestra missionaria”, dopo la relazione di Verzè – è che sia reso umano, ospitale del vissuto di tutti. L’impegno è quello indicato da Paolo VI nel suo discorso del 1964 all’Onu, in cui definì la Chiesa “esperta di Umanità”. L’opposto della paura nel Vangelo non è il coraggio ma la fede».
Al centro della mattinata di lunedì dedicata ai “Cuori ardenti”, dopo la lectio del biblista Angelo Fracchia, le testimonianze di due protagonisti del cammino del dialogo interreligioso. Il prof Marco Cassuto Morselli presidente della Federazione delle Amicizie ebraico-cristiane ha parlato di “Ri-cordare: la memoria come chiave interpretativa del presente”, citando passi del Vecchio Testamento, sottolineando i segni dell’Alleanza. L’ebraismo è una religione che «“santifica il tempo” e la memoria è capace di essere molto più salda delle cattedrali che possono essere distrutte dalle guerre o dagli incendi –ha detto il prof Cassuto Morselli -. Passando alla shoa dei primi secoli a quella del XX secolo, la memoria di ciò che è accaduto è promessa e impegno che non si ripeta lo sterminio di milioni di persone nei campi di concentramento nazisti. La giornata della memoria è una catena di testimonianze perché solo chi ha vissuto il dolore può raccontarlo».
La professoressa Gabriella Maestri, membro dell’Amicizia ebraico-cristiana di Roma, ha sottolineato come la dichiarazione conciliare Nosatra Aetate promulgata da Paolo VI nel 1965, sia un passo fondamentale del dialogo. La storia dell’amicizia tra Jules Isaac, testimone dello sterminio nazista, e Giovanni XXIII alla vigilia dell’inizio del Concilio Vaticano II, è un momento straordinario di una nuova era di deplorazione dell’antisemitismo da parte del mondo cattolico, durato molti secoli. E oggi nel sito Cei dedicato all’ecumenismo e dialogo interreligioso, alcuni documenti e schede, frutto del lavoro tra la Conferenza Episcopale e l’Unione delle Comunità ebraiche italiane, testimoniano «la reciproca stima e la fattiva collaborazione, fondata su un dialogo schietto e onesto, nel rispetto delle differenze e nella approfondita conoscenza delle tradizioni…in un progetto basato sull’attenzione condivisa per una corretta conoscenza e trasmissione dell’ebraismo»