Il Forum missionario di Montesilvano prosegue stamani, dopo le testimonianze di Paola Caridi e Roberto Mancini, con quella di padre Alejandro Solalinde dal Messico.

“Penso che la migrazione non è un fenomeno ma il segno più importante dei tempi: uno specchio attraverso il quale possiamo vedere la nostra anima.

I migranti non  lo sanno ma hanno un destino migliore di tutta l’umanità, perchè noi siamo loro e quando loro camminano anche noi camminiamo”.

Padre Solalinde si definisce missionario itinerante e dice: “noi vogliamo annunciare il regno di Dio ma come annunciare il Vangelo della speranza nel mezzo di una crisi che non si ferma?

Come aiutare a generare una nuova coscienza all’interno di un breve transito?

Come aprire gli occhi dei migranti per guardare a se stessi e avere altre aspirazioni?”.

La questione ruota tutta attorno all’ascolto e al mettersi nei panni degli altri: il missionario opera proprio alla frontiera messicana dove ci sono diverse strutture di ospitalità per migranti.

Le persone non si fermano alla frontiera ma vogliono arrivare negli Stati Uniti.

“Io parlo con loro, li ascolto e domando perchè non sono felici lì da dove vengono – racconta – Ascolto storie di famiglie senza padri e senza madri, colpite da violenza e quando decidono di fuggire dai Paesi d’origine è perchè ci sono condizioni davvero difficili.

Loro non hanno altro obiettivo che arrivare negli Stati Uniti”. 

Negli States però le condizioni di vita sono impossibili: “c’è molta violenza ed è pericoloso per i bambini e i giovani, con Trump presidente come aiutare i nostri fratelli migranti?”, si chiede Solalinde.

La realtà è che i movimenti migratori dal Sudamerica sono inevitabili e impossibili da fermare:

“La frontiera è chiusa, non importano le condizioni interne negli Usa, da lì li respingono nei loro paesi d’origine. Ma i migranti dicono: ‘noi vogliamo entrare negli Usa’.

La storia del rifugio per migranti “Hermanos en el Camino” a Ciudad Ixtepec, fondato da padre Alejandro Solalinde comincia venti anni fa, a bordo del gigantesco treno merci (la Bestia), sul quale il religioso salì per capire le ragioni migratorie.