“Quello che sta succedendo dentro Gaza e in particolare nel nord della Striscia, dove è in atto un massacro, viene descritto spesso come qualcosa che non riguarda esseri umani ma oggetti.
Noi vediamo solo frammenti di carne e non ne riconosciamo l’umanità”. Ma la realtà è che a Gaza “stiamo assistendo ad un genocidio”.
Paola Caridi, giornalista, storica e scrittrice, intervenuta in collegamento da Amman al forum missionario ‘Cantiere missione’ a Montesilvano, ha parlato in questi termini della guerra in Terra Santa.
“Se devo identificare un simbolo – ha detto – io vedo lì il sudario, la sindone”.
Approfondendo il discorso sulla guerra a Gaza (“la chiamo guerra e non conflitto perchè qui c’è una supremazia militare di Israele”, ha detto), la nostra deresponsabilizzazione sta tutta nell’idea che non ci riguardi”.
E invece: “io credo che non solo ci riguarda ma ci colpirà dal punto di vista morale e della nostra salvezza.
Non guardare a quello che succede attraverso questa lente, vuol dire aver già perso la nostra umanità e il nostro stare nel mondo”.
Secondo la studiosa, interpretare l’occupazione militare in Palestina iniziata nel 1948, senza comprendere la questione viscerale della terra e la sua importanza, non ci consente di essere obiettivi.
“Non riconosciamo l’umano, e neanche il rapporto che i palestinesi hanno con la terra: credo che non ci si renda proprio conto”.
Caridi ha precisato che la guerra non è iniziata il 7 ottobre ma va avanti da anni su Gaza e Cisgiordania, tramite un sistema di oppressione e di occupazione non solo verso la minoranza cristiana ma su un intero popolo.
“Solo difendendo i diritti di tutti si difendono i diritti delle minoranze cristiane”, ha precisato.
E nell’andare in pellegrinaggio in Terra Santa si dovrebbe “aver ben presente la questione politica non solo quella religiosa”.