In ogni numero di “Popoli e Missione”, all’interno dell’Inserto PUM, a firma della nostra collaboratrice Loredana Brigante viene pubblicato un articolo che presenta un Centro missionario diocesano (Cmd). Volentieri lo rilanciamo anche sul sito di Missio, certi che possa essere un’occasione di conoscenza vicendevole e uno stimolo di confronto per tutti i Centri missionari delle varie diocesi d’Italia. Questa nuova “Finestra sulle diocesi” accompagna nel Centro missionario diocesano di Casale Monferrato, con l’intervista al direttore, don Francesco Garis.

Non sono solo i grandi numeri ad essere degni di nota. Anzi, quando si tratta di Chiesa missionaria, ogni piccolo gesto diventa importante, perché è la somma di tantissimi sforzi e sacrifici. Con don Francesco Garis, 41 anni, dal 2019 direttore del Centro missionario diocesano di Casale Monferrato, è emerso proprio questo tema: la fatica di fare missione potendo contare su forze esigue. Con i suoi 94mila abitanti, la diocesi di Casale Monferrato è piccola, pesantemente colpita dal calo demografico; dei 48 preti secolari incardinati, solo 10 hanno tra i 30 e i 50 anni e 41 parrocchie su 115 sono rette da sacerdoti di altri Stati.

È chiaro che sono più allettanti per tutti le cifre alte, quelle che catturano l’attenzione e fanno strabuzzare gli occhi: l’effetto wow, insomma.

Tuttavia, la missione non è marketing, ma vita vera; e i protagonisti non sono quasi mai né grandi masse né eroi solitari. Sono preti come don Francesco, che a 35 anni ha accettato di dirigere un Ufficio missionario e si divide tra cinque (seppur piccole) parrocchie.

«I momenti forti sono la Veglia missionaria di ottobre, quella dei missionari martiri e la preghiera contro la tratta in memoria di santa Bakhita con Migrantes», dice don Garis. «Per la Quaresima di fraternità, abbiamo sostenuto un progetto diverso ogni anno: le madri in difficoltà in Patagonia; l’atelier in Perù; l’Ucraina e le Figlie d N.S. di Lourdes in Benin».

Pur non collegati direttamente al Cmd, ci sono associazioni di coppie o gruppi legati ad alcune missioni; «c’è anche un oratorio che invia diversi giovani con l’Operazione Mato Grosso». Anche don Francesco, per anni, è stato un loro volontario e, da seminarista, ha studiato dal 2011 al 2013 a Pomallucay. Rientrato a settembre da una visita in Perù e in Argentina «dove ci sono parrocchie affidate a fidei donum casalesi (come don Graziano Cavalli a Neuquén)», il direttore si guarda intorno con sincerità. «L’équipe del Cmd conta sette persone, ma ognuno svolge già altre attività; alcuni servizi diocesani sono affidati a più parroci che devono fare più cose contemporaneamente. Mancano le forze». Ma, come diceva Einstein: «Non tutto ciò che può essere contato conta e non tutto ciò che conta può essere contato».