Il senso dell’essere missionari si nasconde anche nella capacità di andare oltre l’apparente ineluttabilità del male.

Perchè a fronte della <<banalità del male c’è sempre anche la quotidianità del Bene>>, perfino in contesti di conflitto aperto.

E’ quello sguardo sul mondo che non lascia spazio alla sconfitta.

Lo hanno raccontato due missionari abituati alle storie ai limiti dell’umano: suor Rosemary Nyirumbe del Sacro Cuore di Gesù e monsignor Giorgio Biguzzi, vescovo emerito di Makeni, intervenuti al panel Africa, l’amore che vince l’odio.

Suor Rosemary, ugandese, 60 anni, si dedica da sempre alle vittime delle violenze dell’Lra, la milizia spietata che imperversa in Africa occidentale, sequestrando persone, soprattutto donne molto giovani e rendendole schiave.

La missionaria ha dedicato la vita a queste donne ‘riabilitate’, dopo il calvario di violenza e abusi subiti. Ma lei non le chiama vittime, anzi. Dice che sono donne “vittoriose”.

<<Continuo a battermi perchè queste ragazze non vengano definite vittime>>, dice.

 

<<Appena una settimana fa mi sono ritrovata con una di queste donne – racconta – La gente non poteva credere che fosse passata attraverso tutte queste sofferenze>>. Eppure la violenza ha lasciato segni profondi: i bambini nati da donne violentate dai soldati dell’Lra <<ancora oggi vengono discriminati, perchè non hanno una loro identità>>, spiega lei.

Suor Rosemary è una donna d’azione, di ‘visione’: ha messo a servizio delle ragazze le sue competenze, l’arte del cucito e della cucina, incoraggiando forme di autoaiuto. E’ proprio questa creatività missionaria la forma più potente di carità.

E infatti a proposito della carità dice che noi <<siamo abituati a questo termine ma la carità non deve essere solo dare qualcosa a qualcuno, quanto piuttosto dare la possibilità di sviluppare se stessi>>.

La missionaria mette anche in guardia dal pericolo di nuove forme di schiavitù rappresentate dal traffico di esseri umani, non solo in Africa ma anche da noi in Europa. E’ necessario un senso di responsabilità occidentale rispetto a quanto succede in Africa.

Anche monsignor Biguzzi, raccontando alcuni dei pericoli affrontati in Sierra leone, durante 35 anni di missione, ha richiamato noi europei a prenderci la nostra fetta di responsabilità: <<perchè le colpe dell’Africa vanno condivise>>.

E’ vero che i Paesi africani sono pieni di capi di Stato corrotti, ma <<quando l’Africa entra in tribunale per essere giudicata, non è giusto che ci vada da sola>>.

Inoltre monsignor Biguzzi ha invitato a riflettere sul senso della pace possibile: <<perchè la missione è possibile? Perchè si può fare un passo dopo l’altro e andare sempre avanti>>. La pace si costruisce un pezzo alla volta, <<è possibile, basta volerla>>.