Da 27 anni c’è un’Associazione a Brescia che assegna a sacerdoti e religiosi, suore, laici e congregazioni, un premio per sostenere la loro opera missionaria: si tratta dell’Associazione Cuore Amico Fraternità Onlus, che grazie alla generosità dei benefattori supporta migliaia di progetti di solidarietà in ogni parte del mondo.

Nella mattinata di oggi – sabato 14 ottobre – è stato consegnato il Premio Cuore Amico di quest’anno, in un contesto unico come quello del Festival della Missione che la città lombarda sta vivendo da giovedì scorso. I tre vincitori – presentati magistralmente da Licia Colò, giornalista e presentatrice televisiva – hanno regalato le loro testimonianze ad un affollatissimo pubblico, riunito nel Salone Vanvitelliano del Palazzo della Loggia.

 

IN CAMBOGIA CON I DISABILI

La prima ad essere premiata è stata Cristina Togni, della Comunità Missionarie laiche del Pime, per il suo operato in Cambogia. E’ un’educatrice ed opera con gli ultimi degli ultimi, ovvero con i disabili mentali, che per cultura e tradizione la società cambogiana tende a rifiutare. «Il nostro scopo – racconta Cristina – è quello di formare la gente locale e le famiglie a capire la disabilità e trattarla di conseguenza. Ultimamente abbiamo formato 11 insegnanti per una scuola dedicata a bambini autistici».

 

IN ERITREA DA 70 ANNI

La seconda testimonianza dei vincitori del Premio, considerato il Nobel dei missionari, è stata quella di suor Giannantonia Comencini, missionaria comboniana in Eritrea da quasi 70 anni. Arrivata al suo 97esimo compleanno, suor Giovanna (come ama farsi chiamare) ha commosso il pubblico raccontando con estrema semplicità, ma con una gioia contagiosa, alcuni episodi della sua vita. Come quando si imbarcò su una nave mercantile per raggiungere l’Eritrea: era il 1948 ed aveva appena vinto il concorso per insegnanti, arrivando prima su 500, ma il suo sogno era di andare in Africa; qui sbarcò con il tifo e il rischio concreto di morire. «Qual è il tuo segreto per tutta questa energia che sprizzi da ogni parte?», le ha chiesto Licia Colò. E suor Giovanna ha risposto ancora con un aneddoto: «Quando presi il mio primo stipendio, in occasione della Giornata Missionaria Mondiale (che si celebra la penultima domenica di ottobre, ndr) in chiesa c’erano delle piccole buste di carta nelle quali mettere la propria offerta. Io misi la mia, ma poi con una penna ci scrissi sopra: “Oggi, Signore, ti dono un po’ del mio stipendio; domani ti darò la vita”. Ecco – ha proseguito suor Comencini – il mio segreto è amare il Signore senza misura».

 

DALLE PRIGIONI ALBANESI A CARDINALE

A consegnare il Premio alla suora 97enne è stato il cardinale Ernest Simoni, nato a Scutari 89 anni fa, unico sacerdote ancora vivente tra quelli perseguitati dalla durissima dittatura albanese di Enver Hoxha. Condannato a morte con l’accusa di essere “nemico del popolo”, viene poi obbligato ai lavori forzati per 25 anni. In carcere il cardinale Simoni continua a celebrare ogni giorno di nascosto la Santa Messa, a memoria, e a confessare i suoi compagni. Viene liberato il 5 settembre 1990 e nel 2016 papa Francesco lo crea cardinale. «E’ Gesù che mi ha dato la forza di fare tutto. Senza di Lui – ha raccontato Simoni – non possiamo fare niente ed io l’ho sperimentato in prima persona. Siamo nati per amare, servire Dio e avere la felicità, che può darci solo Dio, non il mondo».

 

IN AFRICA PER COSTRUIRE COMUNITA’

Don Tarcisio Moreschi, sacerdote fidei donum della diocesi di Brescia in missione in Tanzania, ha regalato ai presenti la terza e ultima testimonianza. «La mia vita – ha esordito il missionario – non è fatta di sacrifici né di rinunce. E’ una bella vita felice, serena, tranquilla», a testimonianza del fatto che chi dona la vita per il Vangelo non può che essere gioioso. Don Moreschi, girando vari Paesi africani, ha costruito una sessantina di scuole materne («ma non dovete pensare alle scuole come qui in Italia, si tratta di semplici aule», ha voluto precisare), una scuola superiore (con i fondi della Conferenza episcopale italiana), un ospedale che viene gestito dalle suore Benedettine africane. Ma ha costruito anche tante chiese: «Solo una stanza con il tetto e un altare, senza pavimento né panche. Quello che manca – tiene a precisare – lo completeranno loro (gli africani, ndr)». Perché tante chiese? «Perché – ha detto – la chiesa è uno strumento che crea comunità e la comunità è quella che addolcisce il cuore. Ciò che conta è l’evangelizzazione: si può costruire di tutto, ma ciò che genera veramente cambiamento è solo Gesù».

Il Premio Cuore Amico è molto consistente: si tratta di 50mila euro per ciascun missionario scelto, perché ognuno possa moltiplicare la solidarietà che già pratica.

La premiazione è stata chiusa dal saluto di monsignor Francesco Beschi, vescovo di Bergamo e Presidente della Fondazione Missio (uno dei tre promotori del Festival), che ha saputo interpretare e condividere i sentimenti del pubblico, commosso per le testimonianze ascoltate, ed ha ricordato come Cuore Amico Fraternità Onlus sia un pezzo di storia della missione non solo di questa città (di cui anche monsignor Beschi è originario), ma del mondo intero.