«La missione ci ha insegnato che un mondo diverso, più giusto e più umano, lo possiamo costruire tutti con il nostro lavoro, giorno per giorno». E’ questa l’essenza della testimonianza di Stefania Gualtieri e di suo marito, Luigi D’Avolio, missionari laici protagonisti di uno degli 11 docufilm realizzati da Luci nel Mondo per la Fondazione Missio, in occasione dell’Ottobre missionario.
Oggi il loro impegno è a Lecce, nella Comunità Emmanuel che accoglie migranti.
Nella sede ritagli di stoffe africane, colori vivaci, forbici e ditali: sul tavolo c’è quel disordine creativo che abita in ogni sartoria che si rispetti. Dietro ragazzi e ragazze che vengono dall’Africa e dal Medio Oriente, giovani che qui hanno trovato un po’ della quotidianità che si sono lasciati alle spalle. Ma soprattutto la speranza di un mestiere che permette di guardare al futuro con fiducia.
Stefania e Luigi D’Avolio sono una coppia che a Lecce sta vivendo una nuova esperienza di missione, questa volta in Italia: «Due come noi, due missionari, qui fanno quello che in realtà potrebbero fare in qualsiasi parte del mondo: essere missionario non è fare qualcosa nella vita, è fare una scelta di vita».
Dopo una lunga esperienza in Ecuador, ora sono nella Comunità Emmanuel a Lecce, fondata nel 1980 da padre Mario Marafioti, dove gestiscono la sartoria Casa Francesco. «L’esperienza in America Latina ci ha insegnato che anche l’Italia è terra di missione e, al rientro, ci siamo guardati attorno e abbiamo visto dove inserirci per fare qualcosa di buono per gli altri».
Stefania e Luigi hanno trovato il senso della loro testimonianza aiutando gli immigrati a trovare possibilità di inserimento attraverso la creatività delle mani.
Ricordando l’esperienza ad Esmeraldas, dicono che «i nove anni trascorsi in missione sono stati un dono straordinario, una occasione di conversione umana e spirituale fortissima: abbiamo capito che cosa voglia dire lasciare la propria terra per qualcosa in cui si crede, per una vocazione al servizio agli altri. Così oggi accogliamo i migranti. L’esperienza di missione ci ha dato l’opportunità di comprendere la vulnerabilità e la fragilità di chi non ha più la sua casa. Rientrando in Italia, siamo tornati a vivere come dono straordinario anche solo l’acqua fresca o il fatto di camminare senza essere soffocati dalla polvere delle strade di Esmeraldas».
I coniugi D’Avolio hanno imparato a donarsi e a condividere la propria vita nella sartoria sociale all’interno della Comunità Emmanuel, nata diversi anni fa «dal bisogno di un ragazzo senegalese arrivato a Lecce che ci aveva chiesto la possibilità di cucire perché era sarto. Abbiamo iniziato con lui a riciclare gli abiti usati che continuamente arrivavano al nostro Centro. Eravamo pieni di abiti non mettibili, ci siamo resi conto che ci usavano come discarica. Fin dall’inizio il nostro motto è stato: dare vita nuova alle cose e alle persone. E lo abbiamo fatto davvero».
Ma chi sono le persone che ogni giorno lavorano di forbici, fili e aghi intorno ai tavoli e alle stoffe?
«Accogliamo chi viene dall’estero o chi vive sul nostro territorio in situazioni di indigenza – risponde Stefania -, ci facciamo prossimi cercando di aiutare a realizzare il sogno che Dio ha per ciascuno di noi. Il nostro servizio è fatto di ascolto e vicinanza, nella convinzione che ognuno di noi è “portatore di bellezza”, a volte offuscata dalle storie nelle quali ci troviamo. È questa la missione che ci troviamo: fare di ogni vita un capolavoro attraverso la restituzione di una identità, di una dignità a cui ognuno di noi è chiamato».
Anche tra le famiglie della Comunità si vive in “stato di missione”, come spiega Luigi: «Non è facile conciliare tutti gli impegni con la vita familiare, però riusciamo a tenere tutto insieme. Far parte di una comunità, avere intorno altri con cui condividiamo la nostra missione ci aiuta anche ad avere risorse, ci aiutiamo anche con i nostri figli».
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