«Il mare non lo conoscevo, non l’avevo mai visto. Galleggiare, nuotare, mai fatto, mai provato, mai saputo. Mi dicevano: “il mare è buono, tre ore e arrivi in Europa, stai calmo”. Non ero calmo quando aspettavo sulla spiaggia isolata, nascosto dietro gli scogli. Ero ferito, percosso, esausto, affamato da due mesi in una cella a Misurata».
E’ l’inizio del monologo di Mohammed, rifugiato somalo in Italia, la cui testimonianza è stata raccolta dal Centro Astalli, il servizio dei gesuiti per i rifugiati. Assieme ad altre storie di uomini e donne fuggiti dalle guerre e giunti in Europa, fa parte di un Cd – Yayla, musiche ospitali – divulgato in occasione della Giornata mondiale del rifugiato e presentato ieri alla Gregoriana a Roma.
«Arriva un gommone vecchio, sporco, un odore terribile- racconta ancora Mohammed – : il primo di una lunga serie per far salire le persone, 10-15 alla volta, pensavo io. “Stai calmo, ci state tutti, Sali senza fare storie”. Gli ultimi non vogliono salire, piangono e ripetono: “affonderemo, moriremo, non so nuotare”. Siamo saliti tutti: 97, li ho contati, ci siamo contati: 97 su un solo gommone».
La storia di questo ragazzo somalo viene letta da Erri De Luca. Mentre quella di Esmerit, rifugiata etiope in Italia è letta da Evelina Meghnagi.
«Scappa per non morire, scappa per lasciare al sicuro le bambine – è la vicenda di Esmerit – E’ lei che vogliono imprigionare, torturare, uccidere. E lei scappa, corre, cammina, piange e intanto porta un seme, che non sostituisce quello che già».
Ziad invece è afghano e racconta la sua storia di fuga ed esclusione: «Un giorno qualcuno stabilisce che tu sei minoranza – dice nella versione letta da Valerio Mastandrea – che la tua lingua è un dialetto, che la tua cultura è folklore, che la tua legge è primitiva che i tuoi abiti non vanno bene… O ti adegui oppure muori».
Ziad racconta che a 13 anni, senza dargli troppe spiegazioni, il padre gli dice di partire, di andare, di non restare. Non si può restare in un Paese dove anche i bambini combattono, uccidono e muoiono.
«Mi accompagna in una terra mai vista, mi affida a degli uomini, dice sono lontani parenti, li puoi chiamare zii». Ziad passa prima il Pakistan, poi l’Iran, la Turchia, i trafficanti, il deserto, le montagne.
Ricordiamo che diritto d’asilo è espressamente previsto dalla Costituzione italiana, all’articolo 10:
«Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge».