E’ in svolgimento al CUM di Verona (termina domani, sabato 20 novembre) il Corso per operatori pastorali non italiani che operano nella Chiesa del nostro Paese.
I partecipanti sono 24 e arrivano da varie parti del mondo, soprattutto Africa, Europa dell’Est e India. Sono tutti accomunati dal fatto che da diversi mesi sono inseriti nella pastorale in Italia.
Per alcuni si tratta di un prolungamento di un periodo iniziato con lo studio nelle Università Pontificie. La difficoltà di molte diocesi italiane di coprire gli impegni pastorali porta non pochi vescovi a cercare sacerdoti tra chi ha appena terminato lo studio e, prima di rientrare in patria, d’accordo con il vescovo a cui fanno riferimento, prolungano di qualche anno la loro permanenza e vengono inseriti in aiuto a parrocchie, santuari, case di spiritualità, servizi vari, tra questi in particolare quello della pastorale dei migranti.
Altri, invece, arrivano direttamente dai loro Paesi di origine come fidei donum, con un accordo di cooperazione tra la diocesi di invio e la diocesi italiana ricevente.
Mentre fino a pochi anni fa tradizionalmente per la Chiesa italiana la direzione di questa cooperazione era da Nord a Sud del mondo, cioè dall’Italia verso vari Paesi, negli ultimi 15 anni la direzione si è decisamente invertita: sono molti di più i fidei donum che arrivano in Italia rispetto a quelli che dall’Italia partono per il Sud del mondo.
Una realtà che la Conferenza Episcopale Italiana (CEI) sta seguendo con attenzione, introducendo anche l’obbligo di una specifica formazione offerta da Missio nella sede del CUM a Verona. Durante il corso vengono affrontate tematiche legate alla conoscenza del mondo ecclesiale italiano, per capire il contesto sociologico dell’Italia di oggi. Viene anche spiegata la convenzione che la CEI ha posto in essere per questo tipo di collaborazioni.