“Noi giovani siamo stati imbevuti di disfattismo e siamo intrisi di rabbia e delusione: qualcuno ce li ha messi addosso, ma non ci appartengono. Ce li hanno cuciti come un vestito, ma non è un vestito questo, è un’armatura!”.
Giovanni Rocca, segretario nazionale di Missio Giovani, sul palco del Comigi a Sacrofano, ha pronunciato un discorso davvero vibrante, introducendo il tema del Convegno dei giovani che andrà avanti fino al primo maggio e chiedendosi anzitutto: “chi sono i giovani? Chi sono io?”.
Alle nuove generazioni è stato fatto un torto: sono state tarpate le ali, dal momento che la precedente generazione ha proiettato sui giovani tutte le proprie frustrazioni.
“Noi in realtà siamo profeti con le ali“, ha detto Giovanni citando Papa Francesco, che è un alleato potente delle nuove generazioni.
Poi, rivolto agli adulti che con disfattismo rimproverano ai figli una mancanza di iniziativa e capacità ha ricordato:
“Quelli che stiamo vivendo noi sono altri tempi, non sono i vostri, sono i nostri! Noi vogliamo vivere qui ed ora, ma quante volte ci siamo lasciati rubare l’entusiasmo?”.
Disobbedire, non assecondare lo status quo e riprendersi in mano un protagonismo su se stessi per estenderlo agli altri: sono gli obiettivi che il Segretario di Missio Giovani invita a raggiungere.
Riferendosi al Sinodo dei Giovani che è alle porte, Giovanni ha fatto accenno alla tendenza della Chiesa a voler nel migliore dei casi subordinare la volontà dei giovani alla propria, per “dando il permesso di esprimersi”.
“Non abbiamo bisogno del permesso”.
“Ci hanno detto: andate e fatevi venire buone idee”, ma le idee dei giovani non sono negoziabili e soprattutto non sono soggette ad autorizzazioni o censure preventive.
“Provateci, guardate negli occhi la persona che avete al vostro fianco.
Papa Francesco ci ha detto che possiamo credere nei nostri sogni perché in quel luccichio che vedo negli occhi dell’altro posso trovare uno come me.
E allora non sarò più da solo ma saremo in due, e se solo ci voltassimo a guardarne altri saremmo in quattro, poi in otto e così fino a raggiungere tutti, tutti, fino agli estremi confini della Terra.
“È questo che ci autorizza, non l’essere subordinati a qualcuno ma la consapevolezza che noi non siamo più soli”.