Riceviamo un articolo da padre Daniele Moschetti, missionario comboniano che svolge un’insolita missione “americana” negli Stati Uniti, e si occupa di diritti umani.
Quando ci si domanda chi porta le armi in Siria, Arabia Saudita, Libia, Africa e Medio Oriente, non bisogna dimenticare che gli USA sono il primo produttore di armi mondiale, seguito quasi da vicino dalla sua grande “amica/nemica” Russia.
Negli Stati Uniti ci sono oltre 357 milioni di armi che finiscono nelle mani dei cittadini e non dell’esercito.
Negli USA ci sono 320 milioni di cittadini e rappresentano il 4,4 % della popolazione mondiale.
Ma i cittadini americani posseggono il 42% delle armi mondiali acquistate da singoli cittadini. Ma un dato richiama l’attenzione: soltanto il 20% della popolazione americana ha circa il 65% del totale delle armi nel paese. Ciò significa che ora ci sono meno persone che hanno armi rispetto a qualche anno fa ma le stesse ne hanno molte di più e sono diventate sempre più pericolose.
Armi leggere a mano e anche superautomatiche, e di ultima produzione e sempre più letali e sofisticate. E siccome il business delle armi ha un grande fatturato di miliardi ogni anno la NRA (National Rifle Association) continua a sponsorizzare la vendita di nuove armi leggere nel paese.
Ma la stessa organizzazione e più importante lobby armiera mondiale esporta da sempre miliardi di dollari in armi leggere e pesanti in tutto il mondo.
Nell’era Trump e Putin si fa sempre più fatica a capire i limiti e i confini tra questi due leader al potere. Quello che è certo, tutto questo va a discapito di una politica mondiale più attenta alla sicurezza mondiale, alla pace, allo sviluppo integrale delle persone, alla sana diplomazia, ad un bene comune e alla democrazia per tutti.
Invece diventa sempre più pericolosa in tutti i vari ambiti economici, sociali, militari e ambientali.
Non a caso recentemente Trump ha di nuovo sottoscritto un accordo con l’Arabia Saudita per un’altro miliardo di dollari di armi.
E seguiva l’accordo stipulato nel Maggio 2017, nella sua prima visita all’Arabia Saudita da Presidente degli USA dove firmò un accordo colossale di “110 miliardi di dollari” per una commessa di armi. Ma che dovrebbero diventare “350 miliardi di dollari” nei prossimi 10 anni.
Una potenza devastante per qualsiasi paese e continente al mondo! E proviamo ad indovinare dove andranno a finire queste armi nei prossimi anni? Chi le userà?
Il Medio Oriente e l’Africa sono sempre il target preferito di una politica mondiale americana e dei suoi alleati sauditi che combattono le proprie guerre sia militari ma anche economiche in queste due aree del mondo tra le più martoriate e abbandonate dell’universo. Guerre per procura per il controllo di popoli e nazioni e soprattutto delle grandi risorse naturali che abbondano in questi continenti contro il potere militare ed economico di Russia e Cina.
Ma ciò ci rivela come nella storia “la nazione a stelle e strisce” sin dalla fondazione dello Stato 250 anni fa abbia basato fortemente il loro passato, presente e soprattutto il loro futuro sulle armi. Quasi una “vocazione” all’uso della violenza e delle armi insito nella propria storia ancestrale di conquista dei territori vergini del “famoso Far West” contro la decimazione degli Indiani d’America, la guerra di secessione, dell’uso di schiavi e poi l’abolizione della schiavitù del Sud del paese. Ma anche nel costruire quello che poi sarà un dominio mondiale americano nel mondo, sia politico, economico, culturale e sempre più militare.
E’ interessante notare come le morti per arma da fuoco, per incidenti relativi ad arma da fuoco rispetto a quelle avvenute durante le guerre degli Stati Uniti durante la sua storia di fondazione e le guerre condotte da propri soldati in altre parti del mondo siano nettamente superiori rispetto alle seconde. E anche con un lasso di tempo molto inferiore.
Infatti dal 1968 al 2015 ci sono stati 1,53 milioni di morti per incidenti da arma da fuoco nel paese. Mentre dal 1775 al 2017 sono morti in guerra dentro e fuori il paese 1,2 milioni di vittime (Fonte NBC: Centers for disease control and prevention, US Department of Veterans Affairs, www.icasualties.org).
Quindi gli interessi dell’NRA non si limitano solo alla vendita interna nazionale ma anche a quella internazionale. E non a caso l’NRA ha buoni rapporti con il Presidente Trump e molti parlamentari non solo Repubblicani ma anche Democratici perché questa associazione sponsorizza con milioni di dollari le campagne politiche dei candidati al parlamento nei vari stati americani.
Poi si paga dazio aiutando l’NRA a ottenere ciò che è d’interesse comune, cioè il maggior profitto nella produzione e vendita di armi sia nel paese che all’estero. L’obiettivo è essere sostenuti nelle varie iniziative che i parlamentari “alleati e corrotti” si accingono a proporre ai vari livelli sia nazionali che dei loro rispetti stati di rappresentanza.
Questa dinamica è stata quella che ha sempre messo al tappeto ogni iniziativa da parte dell’ex presidente Barak Obama e i Democratici nel periodo della sua presidenza. Non riuscivano a far passare nessun cambio ad emendamenti per un maggior controllo sulle armi leggere nel paese.
Il dramma degli assalti di massa nelle scuole e pubblici come abbiamo visto continuava a crescere arrivando a dei livelli assurdi in questi tempi. Ma mai nessuno era riuscito a sbloccare questa situazione di immobilità.
L’NRA era sempre stata capace di far passare il momento emotivo e di “motivare” sia i rappresentanti politici che i media sull’importanza delle armi per difesa personale e nazionale.
Nonostante una ricerca dell’Università Columbia in USA abbia analizzato sistematicamente 130 studi eseguiti in 10 paesi diversi, compreso gli USA, che hanno confermato ancor di più come un maggior controllo delle armi nelle varie nazioni studiate ha portato a sempre migliori risultati di sicurezza. Sia nella diminuzioni di morti e feriti ma anche nella riduzione della vendita delle armi stesse e di conseguenza una maggiore sicurezza e stabilità per tutti.
Centinaia di migliaia di dimostranti si sono radunati nella capitale Washington , Sabato 24 Marzo 2018, e in altre 800 città americane e nel mondo per protestare, chiedere azioni contro la violenza delle armi e maggior controllo e ricordare le morti non solo dei 17 amici studenti morti in Florida ma anche per quelle migliaia che sono morti innocentemente e chiedendo un futuro per le nuove generazioni.
foto tratta da The Atlantic