Monsignor Giuseppe Satriano – arcivescovo di Bari-Bitonto, presidente della Commissione episcopale per l’evangelizzazione dei popoli e la cooperazione tra le Chiese, e in questa veste presidente della Fondazione Missio – ha fatto visita oggi, venerdì 24 settembre, al CUM di Verona.
Nella giornata il vescovo ha avuto un incontro particolare con i corsisti che prossimamente partiranno in missione per l’Africa, l’America Latina e l’Asia, riuniti dal 12 settembre fino al 16 ottobre prossimo per prepararsi a questo nuovo servizio di cooperazione e scambio missionario tra le Chiese. I partecipanti al corso per partenti sono 19: sette sacerdoti, cinque religiose, sette laici.
Accompagnato dal direttore del CUM, don Marco Testa, e dal direttore di Missio, don Giuseppe Pizzoli, monsignor Satriano si è intrattenuto con i corsisti, volendo conoscere destinazioni e provenienze.
Al termine della visita gli abbiamo rivolto qualche domanda.
Monsignor Satriano, una bella soddisfazione vedere la Chiesa italiana che ancora invia in missione…
«Indubbiamente un bagno di vita e di energia, quello che ho vissuto questo pomeriggio qui al CUM di Verona. Queste persone – alcune non più giovani ma con il cuore giovane, che si mettono in gioco di fronte all’umanità – credo siano un segno bello di vitalità per la Chiesa. Riconosciamo anche che questi segni non sono più così numericamente significativi come in passato, dove la presenza a questi corsi era molto più ampia. Le partenze in missione si riducono e riflettono un nostro essere Chiesa italiana, che si ripiega, che non è in uscita come invece vorrebbe papa Francesco. Credo che questi corsisti che ho incontrato oggi possano indicarci – con la loro vita semplice, con la loro testimonianza – la strada che deve imboccare la Chiesa se vuole essere credibile, che è quella di giocarsi a tutto campo, senza riserve, senza sé e senza ma».
Un sacerdote che, inviato dalla diocesi, si mette a disposizione per alcuni anni in missione ad gentes, cosa vuol dire?
«Vuol dire che quella diocesi e quel sacerdote hanno maturato la consapevolezza che è essenziale condividere, farsi pane, spezzare la vita di quella Chiesa con un’altra Chiesa magari più povera, perché da questa condivisione si impara. Se fa questo, se ha capito questo, quella Chiesa ha da sperare per sé stessa, perché è dando che si riceve, come dice il Vangelo, e solo mettendosi in gioco si riesce a comprendere la logica del dono, che è alla base della vita stessa».
Ad un laico che sta frequentando il corso, i suoi amici gli hanno detto: “Ma tu sei matto!”…
«E’ la follia dell’amore: solo chi rompe gli schemi, chi non si lascia incasellare nel pianificabile riesce a far respirare di vita l’esistenza non solo sua ma anche degli altri. E questo destabilizza, perché siamo tutti vittima di quel “disumano ragionevole” che ci è stato inoculato dal consumismo e dalla logica di pensiero che vuole prima il mio interesse, al centro, e poi quello degli altri, se c’è posto. Quindi per il mondo oggi è “matto” chi decide di fare della propria vita un dono per gli altri».
(Nella foto: monsignor Satriano con don Pizzoli, don Testa e i corsisti prossimi alla partenza per la missione)