Un momento significativo che hanno vissuto i 130 seminaristi arrivati da ogni regione d’Italia per partecipare al loro Convegno missionario nazionale in corso a Bergamo, è quello dell’incontro e dell’ascolto delle testimonianze dalla missione.
La prima voce che ha risuonato come esperienza di fidei donum è stata quella di monsignor Marco Prastaro, oggi vescovo di Asti, che per 13 anni ha vissuto l’esperienza di presbitero inviato in Kenya dalla sua diocesi di Torino.
Autore del libro “Dove Dio ha nome di donna. La missione tra i Samburu del Kenya” (EMI Editrice), monsignor Prastaro ha confessato ai seminaristi ciò che lo ha mosso a scegliere di partire per l’ad gentes, ma anche le difficoltà vissute in Africa, soprattutto nei primi mesi di missione.
La popolazione dei Samburu, in mezzo alla quale il fidei donum viveva, era «in una zona meravigliosa da un punto di vista naturalistico, dove si girano i documentari del National Geographic. Ero immerso in una realtà con una popolazione accogliente, caratterizzata da una grande bellezza che si sposava però con un grande dolore, un grande mistero». Dolore per l’estrema povertà della gente, la violenza diffusa, le malattie che non lasciano scampo. «Pregavo e litigavo con Dio ogni giorno – ricorda – per il dolore e le ingiustizie che questo popolo subiva».
Ma monsignor Prastaro, nel suo racconto, si è soffermato a lungo su cosa la missione gli ha insegnato in tanti anni: una sorta di bagaglio di fede, di “cassetta degli attrezzi”, a cui attinge sempre, ogni giorno, come vescovo e come uomo.
«Ho imparato che la croce va guardata da un’altra prospettiva: di fronte al male e alla violenza, la risposta di Gesù crocifisso è la condivisione. Ho capito che non c’è nessun uomo solo nel soffrire, perché c’è Gesù che lo fa con te».
La missione insegna a mettersi in discussione. A riconoscere Dio da un altro punto di vista: «Certamente nel fascino della natura, ma anche nelle pieghe oscure del mondo e della storia: a Dio piace anche stare dove non te lo aspetti, dove la gente pecca e ama, dove la gente si perde e si ritrova. Questo accade ovunque nel mondo, ma in Africa ho imparato a riconoscerlo».
Nella cassetta degli attrezzi dell’attuale vescovo di Asti sono rimasti vari insegnamenti: che il Vangelo ha in sé la forza per cambiare il mondo, per trasformare le sorti della storia dell’umanità; che la missione aiuta a capire chi è veramente Dio, e questa è una grande questione della fede; che è possibile vivere anche al buio del dolore e delle ingiustizie, ma solo avendo scoperto che quel buio è abitato da Dio; che in terra di missione il cristianesimo è una proposta religiosa in mezzo a tante altre: essere minoranza richiede di essere fino in fondo coerenti con ciò che si annuncia.
«Ritengo che di quegli anni come fidei donum ne sia valsa la pena – ha concluso monsignor Prastaro – perché nonostante la sproporzione di mezzi, ho avuto la possibilità di voler bene. E quando riesci a donare te stesso, ne vale sempre la pena. Il senso della vita è vivere come Dio e Dio vive nell’amore. La missione ci insegna a compiere quella serie di gesti che rendono umano il nostro stare insieme».