E’ dedicata all’Ucraina “Frontiera di guerra” la copertina di Popoli e Missione di aprile, con attenzione particolare alle strade che possono portare alla pace in una regione sconvolta dai conflitti alle porte d’Europa.
Nell’editoriale di apertura ne parla Franco Vaccari, presidente di Rondine Cittadella della Pace (AR) in cui sono ospitati studenti di nazionalità, religioni e culture diverse, che sottolinea come il dialogo sia il vero antidoto possibile alla guerra. «La consapevolezza per cui “la guerra è male” purtroppo, non è ereditaria, ma deve essere interiorizzata e riconquistata da ogni generazione, che deve fare uno sforzo autonomo per abitare questa possibilità – scrive Vaccari – Ci sono 43 guerre in atto in questo momento sul pianeta e altre 30 comunità all’incirca vivono in contesti post bellici. Non possiamo permetterci di pensare che non ci riguardino». Nel mettere in guardia contro etichette separatiste che additano il nemico ma «finiscono col bandire la persona», stiamo sperimentando che «la guerra arriva quando la politica e la diplomazia falliscono: non è mai volontà del popolo… C’è bisogno di una nuova leadership che sappia riconoscere il fallimento di fronte a ogni nuova guerra e scorgere per tempo i segni sociali e culturali che inevitabilmente conducono alla tragedia, perseguendo il dialogo interculturale come strumento di fratellanza, valore fondamentale alla base delle relazioni tra i popoli».
Difronte alla “Ostinazione bellica” che prolunga le sofferenze dei civili in Ucraina, la rivista approfondisce un Primo Piano sulle motivazioni che hanno portato a stragi e migrazioni di masse. Pagine buie della storia che molti ritenevano appartenessero al passato e che tornano invece come un incubo quotidiano. Mentre papa Francesco continua a gridare: «In nome di dio, fermate questo massacro!», l’Europa cerca di affrontare la sfida della mediazione diplomatica, ma anche quella dell’accoglienza a milioni di persone, mentre ancora non si è spento il rischio della pandemia.
Un servizio sui mercenari russi in Centrafrica, mette in guardia nei confronti dei contractor del famigerato Gruppo Wagner, gruppi di sicari che si muovono a livello internazionale: dove arrivano portano morte, violenze sulla popolazione civile. Ma ottengono anche licenze a basso costo per estrarre oro, diamanti e minerali preziosi, come denuncia la Conferenza episcopale della Repubblica Centrafricana.
In questo momento storico in cui ci ritroviamo al bivio tra la pace e la guerra, da Firenze arrivano le voci dei vescovi riuniti per il Forum “Mediterraneo frontiera di pace” (23-27 febbraio scorsi), incontro promosso dalla Cei in parallelo al “Florence Mediterranean Mayors’ Forum” con la presenza di oltre 60 sindaci dalle città delle due sponde del Mare Nostrum, impegnati a confrontarsi negli urban dialogues sulla base delle problematiche locali. Proprio all’inizio degli incontri è arrivata la notizia dei primi assalti delle truppe russe in terra ucraina: particolare significato ha assunto dunque, dopo tanti interventi, la definizione della Carta di Firenze, firmata dal cardinale Gualtiero Bassetti, presidente Cei, e dal sindaco di Firenze Dario Nardella. Il documento pone l’accento sul dialogo tra le culture diverse dei Paesi che affacciano sul Mediterraneo, per la creazione di incontri istituzionali periodici e di poli universitari e formativi in rete tra loro per formare giovani e rafforzare legami di fraternità tra culture diverse.
Pur con molti richiami all’attualità della guerra in Ucraina, la rivista apre gli orizzonti a molte realtà del Sud del mondo, come ad esempio il reportage dal Brasile settentrionale dove nello Stato di Roraima il Consiglio Indigeno Missionario denuncia una situazione gravissima, creata dall’assalto predatorio dei garimpeiros, i cercatori d’oro nella rete fluviale con l’uso di mercurio e devastazione dell’habitat amazzonico.
Dalla Cisgiordania l’esperienza della Tenda delle Nazioni vicino a Betlemme, nella fattoria dei fratelli Nassar, palestinesi cristiani. Dal 2000 questo luogo, che racchiude in sé le tante problematiche della regione e dell’occupazione militare israeliana, è diventato punto d’incontro per volontari di vari Paesi europei e del Nord America che vi si recano per imparare a costruire ponti tra i popoli.
Segnaliamo infine il dossier sulla geopolitica dell’energia vista leggendo la mappa degli oleodotti che trasportano gas sotto gli oceani o in territori in cui si scontrano spesso interessi economici miliardari, eserciti e rivendicazioni territoriali. La ragnatela degli oleodotti segnala aree di conflitti regionali spesso camuffati sotto altre vesti: accade alle frontiere d’Europa come in Africa dove l’East African Crude Oil Pipeline sta crescendo tra Tanzania e Uganda, attraversando fiumi, foreste e corsi d’acqua; è accaduto per decenni in Paesi latinoamericani come Venezuela, Bolivia e Argentina che si sono contesi gli enormi interessi economici delle multinazionali del petrolio; accade anche in Myanmar dove lo Swe Gas, l’oleodotto d’oro attraversa il Paese dal Golfo del Bengala fino alla Cina che ne è il grande fruitore. Da sottolineare che la ragnatela di tubi parte dallo Stato di Rachine in Myanmar, da dove, a partire dalla sua costruzione, sono fuggite migliaia di Rohingya, l’etnia minoritaria più perseguitata al mondo di cui oggi nessuno parla più.