Quanto hanno chiesto i partecipanti al Convegno Nazionale Missio Ragazzi 2021, conclusosi questa sera – sabato 6 marzo – dopo tre sessioni in collegamento su piattaforma Cisco Webex Meetings, è chiaro: mettere in dialogo le diverse realtà ecclesiali che operano nell’educazione alla fede dei ragazzi, per generare “contaminazione” tra cammini educativi diversi, valorizzare ciò che unisce, aprire collaborazioni.
Il confronto scaturito nell’ultimo collegamento in programma per questo pomeriggio è nato dopo l’intervento di don Marco Ghiazza, assistente nazionale dell’Azione Cattolica Ragazzi (Acr), e di don Luca Meacci, assistente ecclesiastico e formatore nazionale dell’Associazione Guide e Scouts Cattolici Italiani (Agesci). Entrambi hanno condiviso le tematiche relative a missionarietà e mondialità presenti nei rispettivi e specifici cammini associativi.
«Questa opportunità (cioè la presenza di Acr ad un Convegno nazionale di Missio Ragazzi, ndr) ci fa capire che, quando partiamo da noi stessi, ci sembra più urgente difendere gli spazi e abbiamo paura che la contaminazione metta in crisi la nostra identità. Invece, quando partiamo dalla missione, ci accorgiamo che i sentieri sembrano avvicinarsi più facilmente e che le alleanze diventano non soltanto belle, ma molto sensate» ha commentato don Ghiazza. E poi ha parlato di protagonismo che «è una delle parole che in maniera più forte esprime l’esperienza formativa dell’Acr» e, allo stesso tempo, descrive «un rapporto educativo e catechetico»: i ragazzi – ha proseguito – sono portatori di «una sensibilità insostituibile, che non è una versione annacquata o ridotta delle nostre idee. Se fosse così, questo lascerebbe intendere che c’è una versione ideale del cristiano incarnata dall’adulto e tutte le altre versioni sono un po’ annacquate: non c’è uno stato di pienezza nell’esperienza cristiana, ma una pienezza in ogni stato. I ragazzi non stanno vivendo una fede a metà».
L’intervento di don Meacci ha descritto l’essenza del metodo educativo scout, presentando gli strumenti che nella loro insita applicazione permettono ai ragazzi di vivere la dimensione missionaria e di attenzione all’alterità e all’accoglienza. Ecco che – per esempio – la Promessa scout, con l’esplicito riferimento alla Legge, diventa il modo per educare al prendersi cura degli altri e a tenere gli occhi aperti sulla propria realtà di vita. D’altronde – ha sottolineato don Meacci – «il cammino scout proposto a ogni bambino, ragazzo, giovane, è personale, progressivo, globale perché educa tutta la persona: lo scopo è quello di educare il buon cittadino (del mondo) e il buon cristiano». Tutto questo «apre ad una dimensione comunitaria, a maturare scelte verso la solidarietà, la dignità, la giustizia. In un clima sereno i bambini scoprono la bellezza del Bene comune, imparano il gusto dell’agire per gli altri, il guardarsi intorno; i più grandi sperimentano l’appartenenza ad una comunità che allarga i propri confini ad una realtà più ampia, e quindi diventano responsabili del proprio agire. Tutti sono chiamati a fare la propria parte».
Nonostante la specificità dei diversi cammini educativi, i punti di contatto ci sono e lasciano intravedere un possibile sentiero di alleanze.
«Siamo, o no, tralci di un’unica vite?», si sono chiesti molti convegnisti a conclusione dell’evento, felici di aver partecipato ad un incontro che ha riunito realtà diverse che operano con i ragazzi. E la risposta condivisa è stata: «O ci riconosciamo tali (tralci di un’unica vite, ndr) oppure, se ognuno in concreto continuerà a difendere il proprio orticello, saremo destinati ad essere tagliati e bruciati».