Si è da poche settimane concluso il corso di formazione per i missionari partenti per Africa e America Latina al CUM, Centro Unitario Missionario che fa capo alla Fondazione Missio e all’Ufficio per la cooperazione missionaria tra le Chiese della CEI, insomma la casa della missione che vuole essere non un semplice ufficio burocratico per gestire eventi formativi, ma un vero luogo di accoglienza, di ascolto e confronto sia per chi parte che per chi rientra. Il corso ha visto la presenza di 31 iscritti, tra preti diocesani, laici, religiose e religiosi. Si è snodato in cinque settimane con inizio il 10 settembre e conclusione il 14 ottobre a Roma per partecipare alla canonizzazione di Paolo VI e di Oscar Romero. Passaggio importante e dovuto per un centro di formazione alla missionarietà come è il CUM il cui centro di documentazione CEDOR, è dedicato a Oscar Romero. L’inserimento nel percorso formativo proposto, è sempre difficile inizialmente, soprattutto a livello relazionale, creare gruppo non è facile ma, attraverso la conoscenza reciproca e la disponibilità a mettersi in gioco, ecco, come d’incanto, attraverso la fiducia reciproca, si inizia a stare bene insieme, a lavorare bene insieme, a formarsi e a sostenersi anche nei momenti meno facili o di fatica. L’intenso programma di formazione, infatti, richiede non solo l’attenzione del momento, ma anche una rielaborazione personale dei contenuti consegnati dai vari relatori. Si tratta, quindi, di una sorta di decostruzione e ricostruzione delle proprie motivazioni, per affrontare al meglio le difficoltà che l’esperienza missionaria inevitabilmente comporta. La qualità del corso, pur nel suo carattere distintivo di famigliarità, è di alto livello, con relazioni tenute anche da docenti universitari e da testimoni qualificati della missione, in buona parte provenienti dall’Africa e dall’America Latina. Un corso dove la chiesa italiana si manifesta nelle diverse ministerialità e nell’apertura alla mondialità, con uno slancio missionario che cammina sulle due gambe: della evangelizzazione e della promozione umana. Da qualche anno si sta verificando un significativo mutamento nella composizione e nelle destinazioni di missione del gruppo dei corsisti. Infatti, mentre in passato il corso era frequentato quasi esclusivamente da missionari italiani, nell’esperienza di quest’anno, ad esempio, si registrano presenze dal Burundi in partenza per il Congo, dall’India e dal Brasile per il Mozambico, dalla Romania per il Cile. Anche la presenza laicale è rilevante: due coppie di sposi in partenza per l’Equador, giovani singoli che, lasciando il lavoro, dedicheranno qualche anno della loro vita alla missione. Interessante, poi, la presenza di alcuni missionari rientrati dalle terre di missione, per prepararsi ad una nuova esperienza verso un altro continente. Questo pone una domanda su cui riflettere: forse la Chiesa ha bisogno di persone particolarmente esperte per essere una Chiesa missionaria in uscita, oppure manca la disponibilità di questa Chiesa ad aprirsi alla missio Ad Gentes? L’esperienza del CUM che affonda le proprie radici nell’enciclica Fidei donum e soprattutto nel Concilio Vaticano II, può continuare ad essere uno strumento di formazione missionaria capace anche di stimolare la vocazione alla missione, rivolta in particolare alle giovani generazioni delle diverse componenti ecclesiali.
Anita Cervi