Dopo la proposta di scrivere una breve testimonianza riguardante la mia esperienza in missione in Cambogia, devo dire che non sapevo davvero da dove iniziare. Le sensazioni e le emozioni che ho provato sono davvero troppe da raccontare. Per non parlare delle cose che io e Irene, la ragazza con cui sono partita, abbiamo visto; la cultura in cui eravamo coinvolte e la mentalità delle persone con cui è stato difficile approcciarsi, ma anche molto bello, alla fine, confrontarci. È stato molto utile anche per metterci alla prova con noi stesse. Alloggiavamo in un Centro di disabili fisici e mentali che era anche un punto di incontro e di sostegno alle famiglie che accompagnavano i figli disabili per la fisioterapia e restavano al Centro con loro. Inoltre, una volta alla settimana ci portavano nei villaggi vicini per assistere a domicilio anche i bambini e i ragazzi che non avevano la possibilità di frequentare il Centro. Dall’inizio abbiamo respirato sofferenza e fatica, oltre all’aria soffocante che odorava di plastica bruciata, ma in compenso mi godevo i profumi dei frutti tropicali e della terra rossa che separava i campi coltivati e mi sentivo accarezzata dal vento soffice che piegava i germogli verdi delle risaie. È stata un’esperienza forte e costruttiva, spesso fonte di emozioni e riflessioni. Gli abitanti del villaggio avevano bisogno anche solo di un sorriso nuovo come ulteriore sostegno morale e psicologico e durante quelle tre settimane il sostegno di cui necessitavano era proprio il nostro. Per questo motivo mi sono sempre sentita importante, o meglio, mi hanno sempre fatta sentire importante. Ogni gesto ha avuto il suo peso e la sua importanza e mi sentivo felice e completa ogni qual volta sentivo che la mia presenza era utile e preziosa, anche solo come fonte di suggerimento e sostegno. Ho apprezzato ogni singolo gesto ed ogni singola espressione delle persone che cercavano di comunicare con noi anche solo con gli occhi e poco importante era se non ci si comprendeva a parole. Ho avuto modo di ascoltarmi e ascoltare. Anche il silenzio. Ho staccato dalla frenesia della vita quotidiana che molte volte non ci permette di sentirci vivi e che spesso non ci permette di vivere con emozione le cose belle e importanti della vita. Mi è piaciuto incrociare il sorriso gentile negli occhi grandi ed espressivi delle persone che, con riservatezza e timidezza, mi salutavano con le mani conserte e chinavano il capo. Il tempo si è come fermato. Molte volte ho avuto la sensazione di essere al posto giusto. Mi sono sentita viva.
Silvia, Cambogia