E’ stato scritto molto sulla donna, protagonista della missione. In questo mese di maggio, mese di Maria, non si può non pensare e gioire per la missione al femminile: quella di Maria e quella di tante donne coraggiose.
In un commento alla Parola di Enzo Bianchi, il fondatore del monastero di Bose, leggo: “L’evangelizzazione inizia – lo si dimentica troppo spesso – con il cammino, il viaggio di una donna, di Maria, la madre del Figlio di Dio. Sì, perché Maria, appena ricevuto l’annuncio della sua gravidanza (cf. Lc 1,26-38), per un impulso interiore causato dalle parole dell’angelo, che rivelandole la sua maternità le ha anche rivelato la fecondità del grembo di Elisabetta, sua cugina, si mette in viaggio in fretta, la fretta escatologica, verso la montagna della Giudea. Dalla Galilea alla Giudea, da Nazaret alla periferia di Gerusalemme, un viaggio di più giorni. Da cosa è mossa Maria? Dalla carità verso l’anziana Elisabetta, che tutti dicono “la sterile” (cf. Lc 1,36), ma anche dall’ansia di comunicare la buona notizia, il Vangelo ricevuto dall’angelo, nonché dal desiderio di ascoltare la cugina come donna nella quale Dio ha compiuto meraviglie. Maria appare subito come donna di carità, donna missionaria”. Molte donne nel Vangelo e nella storia della Chiesa hanno seguito e seguono Maria.
Nell’ora tragica della crocefissione di Gesù, ce lo racconta Matteo, ci sono delle donne che lo avevano seguito dalla Galilea che “osservavano da lontano il dramma” (cfr. Mt 28.55-56). Le stesse donne sono le prime ad essere scelte ed inviate ad annunciare che Gesù è risorto: “Non temete, andata ad annunciare ai miei discepoli…(Mt 28.10). Da quella domenica mattina quante donne, fino ai giorni nostri, sono state protagoniste dell’Annuncio. Sulle orme di Maria, mosse dallo stesso amore, sono partite e partono per far conoscere Gesù, portare donne e uomini, vecchi e bambini, i dono di Gesù: amore, pace, accoglienza, tenerezza. Ne sono convinto, sono quasi sempre delle donne le missionarie pronte ad essere presenti dove il missionario non sempre riesce. Con amore e semplicità tutta femminile, sono tenaci di una presenza umile ed amorosa che, poco a poco, crea nuove comunità cristiane.
Preparando questo contributo per il mese di Maria, mi riempie gioia il ricordo delle tante donne meravigliose, suore o laiche, innamorate di Gesù, conosciute nei miei anni di servizio missionario, in Italia, in America Latina e, in qualche occasione, in Africa. Oggi più che mai, non sarebbe possibile la missione senza la donna: sempre vicina, che accompagna, condivide, incoraggia. Donne straordinarie ne ho conosciute tante. Ora che la memoria si annebbia, mi duole non aver fissato volti, fatti, ricordi. Ho il ricordo di donne gioiosamente missionarie nelle favelas del Brasile, sui fiumi dell’Amazzonia, nei callecones di Lima, negli slum di Nairobi, nei barrios di Bogotà. Vangelo, vicinanza, costanza, umiltà, povertà, sono le caratteristiche della missione al femminile.
Vorrei ricordarle, una ad una, tutte le missionarie che ho conosciuto. Posso fare solo qualche nome che conservo nel cuore: Suor Gabriella, nel suo ambulatorio, suor Silvia, coi bambini del Cottolengo di Batuco, l’altra Silvia pronta a tutte le ore per andare ad assistere una partoriente, Augusta, instancabile nel diffondere la catechesi famigliare in tutto il Perù; Mariarosa la paolina amica, entusiasta del suo apostolato nel mondo della comunicazione, Annalena, contemplativa e consacrata ai tubercolosi ed ai bambini invalidi somali, suor Vittoria fra le donne di Munaipata, Maria Donati, consacrata alla gente del Sud-Sudan. Non posso ricordarle tutte. Spero che il mio ricordo sia occasione per i lettori di pensare alle donne missionarie che loro stessi hanno conosciuto e sono loro maestre di vita e di missionarietà. A tante giovani donne vorrei dire: Missione è bello, è felicità, e puro amore. Vale la pena. C’è tanto spazio per delle donne innamorate di Gesù e desiderose di valorizzare al massimo la loro vita. Se non tutta la vita, almeno qualche spezzone.