Eccoci qui: 27 adulti e 25 bambini. Una quindicina di famiglie, giunte da varie parti dell’Italia, che si incontrano a Monza presso l’oratorio san Giovanni Bosco – parrocchia San Fruttuoso – per un momento di condivisione e di confronto. Famiglie speciali? Famiglie privilegiate?
Sono Famiglie che vivono la normalità della vita fatta di lavoro quotidiano, di attenzione ai figli, di vita domestica nella gestione della casa…sono famiglie che, dopo un’esperienza fatta in terra di missione, in Africa e in America latina, ora desiderano continuare la chiamata missionaria qui in Italia nella loro terra. Per questo si denominano ‘Famiglie Missionarie Km0’.
Sono famiglie, alcune, che vivono in fraternità con un prete, altre invece no; qualcuna vive progetti di accoglienza o affido ed altre invece sono principalmente impegnati come operatori pastorali parrocchiali o come responsabili dell’oratorio. Tutte impegnate a testimoniare una chiesa ‘di popolo’, casa tra le case, vicina alla gente. Pur nella pluralità di esperienze concrete, avverti che scorre tra loro una grande passione per la gente e un grande desiderio di essere una Chiesa Popolo, una Chiesa di tutti… “La chiesa, ha affermato durante l’incontro don Luca Bressan, vicario episcopale per la Carità e la missione della diocesi di Milano, ha bisogno di interrogarsi su come continuare ad essere in mezzo alla gente. Il rischio è che questa domanda sia solo organizzativa. Ecco perché un’esperienza come la vostra è importante, perché ci ricorda che noi potremmo anche riuscire a mettere a posto le organizzazioni, ma lo Spirito ha altre logiche. Lo Spirito soffia in modo diverso”. E una famiglia ha aggiunto: “Abitare in una parrocchia con i propri figli per un’esperienza di accoglienza, di annuncio del Vangelo, di corresponsabilità pastorale…per dare volto ad una Chiesa fraterna e missionaria, per annunciare la gioia del Vangelo nel modo più semplice e vero: da persona a persona. E’ questo che stiamo vivendo, poiché è abitando che si annuncia…dove abiti, come ascolti i bisogni della gente, come accogli e come incontri tutte e tutte…”.
Qualcun altro ha detto: “In gran parte noi adulti ci occupiamo, oggi, di accoglienza sia delle persone che arrivano dal sud del mondo, sia delle persone in difficoltà e in situazione di strada. Siamo educatori e insegnanti, qualcuno si prende cura delle persone che cercano di uscire dal tunnel delle dipendenze. Alcuni di noi vivono la sfida della missione e del laicato nella “normalità” di un cantiere o di un ufficio. Le nostre case sono aperte all’accoglienza di profughi, di persone in situazione di disagio e di bambini ed adolescenti in affido. Nelle nostre case o in parrocchia alcuni di noi vivono l’esperienza di vivere la condivisione di Vita e Parola, esperienza che ci alimenta, con la celebrazione domenicale dell’Eucarestia, nel servizio e nell’accoglienza”.
C’è il desiderio di pensare una chiesa diversa, magari dal volto più familiare. Un pensare il futuro della Chiesa che, è forse bene ricordarci, non scriviamo noi. E’ lo Spirito Santo che guida questo percorso. Lo Spirito parla attraverso delle esperienze concrete. E oggi abbiamo fatto questo: ci siamo ascoltati ci siamo raccontati. E’ successo anche a pranzo, o mentre si chiacchierava nei momenti liberi: ognuno ha portato la sua esperienza, i suoi desideri, le sue domande e questo è un modo per far parlare lo Spirito che è sempre più avanti di noi. Il week end del 7-8 aprile scorso è stato un’ ulteriore opportunità per continuare il cammino già iniziato da un po’ di anni, assieme e con l’appoggio del CUM, ed un rilancio del cammino di ascolto e di conoscenza reciproca tra noi perché questo potrebbe davvero diventare uno dei luoghi dove cominciamo a pensare alla chiesa del futuro, a metterci in ascolto dello Spirito insieme.
Don Felice Tenero