No al «populismo che criminalizza» migranti e rifugiati: le leadership che ricercano a tutti i costi il capro espiatorio non rendono un gran servizio alla comunità.

In un mondo di migrazioni permanenti servono «leader responsabili» in grado di lavorare assieme e far intravedere alle comunità i vantaggi reciproci (anche economici) dei fenomeni migratori.

E’ la sintesi del dibattito di stamattina alla sessione plenaria della International Catholic Migration Commission, a Roma.  Il segretario di Stato vaticano, cardinal Pietro Parolin, ha aperto i lavori della plenaria, parlando di Stati “reticenti” ad un approccio inclusivo.

I relatori, ognuno a capo di un settore importante di grosse organizzazioni internazionali dedite alle migrazioni, hanno risposto alle domande che mettevano il dito nella piaga del perché si intensificano i respingimenti di migranti e rifugiati.

Michele Klein Solomon, direttrice del Global Compact for Migration per conto dell’Oim (Organizzazione internazionale per le migrazioni) ha spiegato che a preoccuparla di più «è il crescente populismo che danneggia, stigmatizza gli individui etichettandoli come illegali».

Migranti e rifugiati «non sono criminali e soprattutto la migrazione è un processo naturale», ha detto.

In diversi Paesi e non ultima «l’Italia- ha argomentato la Solomon – i migranti sono diventati un capro espiatorio, gli individui persone da colpevolizzare», ma il ruolo di una politica sana e responsabile è esattamente l’opposto di questo.

«E’ la good governance in grado di andare oltre le paure» e di trascinare le comunità lungo la strada della ragionevolezza.

In questo senso l’adozione dei Global Compact for migration in sede Onu, che rimette la questione dell’accoglienza nelle mani di tutti, per un processo senza respingimenti, (in agenda il 10-11 dicembre 2018 in Marocco), è «un’opportunità storica che non accade sempre», ha detto la Solomon.

«Gli Stati devono avere un approccio non discriminatorio e collaborare a livello di governi, di società civile, di settore privato, comunità locali e accademia», ha spiegato.

Il cardinal Parolin, nella sua introduzione, ha parlato di «reticenze, ripensamenti e titubanze di vari Stati» di fronte ai due documenti in via di approvazione: il Global Compact menzionato e quello per i Rifugiati.

«Ci auguriamo – ha detto – che questi due documenti possano realmente rispondere alle necessità di una migliore protezione e di tutela dei diritti umani di queste persone».

I due documenti, lo ricordiamo, sono ben altro rispetto ai migration Compact di Unione Europea e Stati membri, che tendenzialmente hanno l’obiettivo di respingere le persone e porre barriere.

«Si tratta invece di lavorare insieme, di cooperare», ha spiegato anche Carol Batchelor, direttore della Protezione internazionale per l’Unhcr.

«Dobbiamo essere onesti – ha aggiunto Walter Bill, direttore delle Operations all’ICMC (che ha organizzato l’evento per la sua sessione plenaria) – qualche volta in passato abbiamo dimenticato di rassicurare le comunità locali. Quando si hanno piccole realtà e arrivano dei rifugiati costituiscono una novità ma è difficile capirne subito la portata e l’occasione».

Pertanto sta agli enti intermedi, alla società civile, alla politica continuare ad aiutare, a creare ponti.

Tra i Paesi maggiormente restii all’approvazione c’è l’Ungheria di Orban.

Sulla questione della separazione semantica e concettuale tra rifugiati e migranti economici, Solomon ha spiegato che è preoccupante il permanere di un gap tra le due categorie.

«Preoccupiamoci anzitutto delle persone e dei loro bisogni, non del fatto che queste siano prima schedate e suddivise tra migranti economici e rifugiati», ha detto. Questa categorizzazione, secondo i relatori, uccide il concetto stesso di “essere umano in stato di bisogno”.

Il 19 settembre 2016, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato la Dichiarazione di New York per i Migranti e Rifugiati (New York Declaration for Refugees and Migrants).

Gli Stati Membri hanno riconosciuto il bisogno di un approccio comprensivo alla mobilità umana, rafforzando la cooperazione a livello globale ed impegnandosi a proteggere la sicurezza, la dignità, i diritti umani e le libertà fondamentali di tutti i migranti.

Tutto questo è contenuto nel Global Compact per una migrazione sicura, ordinata e regolare (Global Compact for safe, orderly and regular migration – GCM), un documento da adottare nel corso di un processo negoziale che dovrebbe concludersi a dicembre 2018.