Nessuno si fida dei cosiddetti “corridoi umanitari” nella Ghouta orientale. I civili siriani intrappolati tra i ribelli da una parte, e le bombe del regime di Damasco dall’altra, rimangono nascosti nelle cantine o nei sottoscala dei palazzi e non rischiano di avventurarsi lungo le vie indicate dai russi, che vorrebbero parzialmente evacuare la zona.

Le poche ore al giorno di ‘tregua’– cinque e sempre violate – concesse da Putin non bastano e comunque non vengono rispettate dai combattenti.

A riferirlo è la stampa internazionale, soprattutto Al Jazeera, l’agenzia Reuters, che cita fonti locali, e poi medici e attivisti dei diritti umani.

Le bombe sono sganciate ugualmente dal cielo  (e a farlo sono le forze governative), secondo quanto riportato da questi testimoni sul campo.

Le forze militari russe alleate di Assad attribuiscono ai soli colpi di mortaio dei ribelli la colpa della violazione del ‘cessate il fuoco’.

Il sito di Al-Jazeera riporta oggi la testimonianza di un’attivista locale che dice:

«La gente nella Ghouta orientale non dà credito ai corridoi di evacuazione – non ci hanno mai creduto neanche per un secondo perché hanno perso fiducia nella crdibilità del regime- in particolare perché i bombardamenti non sono mai cessati e né i russi né il regime hanno manifestato alcuna serietà nel tenerli fuori da questo conflitto».

L’attivista si chiama Abdelmalik Aboud. Ma sono soprattutto i medici le fonti più accreditate:, che continuano a denunciare l’uso delle armi chimiche.

E chi potrebbe non credere che siano state usate a giudicare dall’intossicazione riportata dai bambini e dalle ferite mortali e dagli incredibili effetti sui polmoni? E chi può avere sganciato armi chimiche se non chi bombarda dal cielo, ossia Damasco?

I civili in Siria sono carne da macello, accessori secondari o target privilegiati.

Oggi l’agenzia di stampa cinese Xinhua riporta però anche che una coppia di pachistani (72 e 62 anni) sarebbe stata liberata per prima, usando i ‘corridoi umanitari’: è la Croce Rossa internazionale, secondo quanto riportato, ad avere operato il passaggio sicuro, un’ora e mezza dopo la pausa quotidiana delle cinque ore. Ma per le altre migliaia di persone intrappolate nella regione non c’è molto da fare: il timore di venire bersagliate è troppo grande e la fiducia manca del tutto.

La Ghouta, vasto quartiere orientale di Damasco, dal 2013 è occupata da fazioni armate ribelli, e pertanto è tenuta sotto assedio dall’esercito siriano e dal suo alleato russo che non esitano a bombardare il territorio colpendo la popolazione civile (circa 400mila persone). Target privilegiati sono gli ospedali. Perfino i reparti di neonatologia sono presi di mira.

Il regime di Assad e la contraerea di Putin hanno continuato a sganciare bombe ininterrottamente su questa regione dal 18 febbraio scorso, usando pesanti armi chimiche, come si deduce dalle tante riprese video, foto e testimonianze sul campo.

Mentre la popolazione muore – sotto i colpi di chi dovrebbe invece proteggerla – a l’Aja l’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (OPCW) sta in queste ore esaminando le «prove credibili» sull’uso di ordigni non convenzionali.

In un comunicato stampa il Segretariato tecnico della OPCW – nata nel 1997 in seguito alla firma della Convenzione sulle armi chimiche e di cui fanno parte 192 Stati membri- scrive che una Commissione interna indaga «sui report medico-sanitari e su tutta la documentazione rilevante».

Non omette di dire che «sta lavorando a stretto contatto con gli Stati parte al trattato, incluso il governo della Repubblica Araba Siriana».