E’ entrato nel vivo oggi il 61° Convegno missionario nazionale seminaristi in corso a Monreale, con la relazione di padre Claudio Monge, domenicano teologo delle religioni, che ha parlato di ‘dialogo e conversione all’unità’. DX

Può il cattolico esaurire da solo la capacità di intuizione evangelica sulla verità, a prescindere dal confronto con altre fedi e altre Chiese cristiane? Si chiede padre Monge. In altre parole possiamo essere missionari senza essere dialogici?

Evidentemente no, poiché “Dio è dialogo e la trinità stessa è dialogo”.

“Non si può pensare di vivere da cristiani spolverando reliquie – ha detto il domenicano – il rischio oggi è quello di una Chiesa che parla tramite decreti e formalismi autoreferenziali, rispondendo a domande che in realtà nessuno le ha mai posto”.

Mentre invece, ha spiegato, è proprio nell’incontro quotidiano con le altre fedi, in contesti ‘sfidanti’ come quello turco, che avviene lo scambio, “il recupero dell’essenziale”, condividendo una “comune passione per l’umano”.

Perché cos’altro è il dialogo se non “l’incontro di storie interpellate da un messaggio di salvezza” desiderose di raccontarsi? In un’epoca in cui “il fare esperienza”, ha detto p. Monge, è decisamente più importante del proselitismo, “essere missionari non è tanto quello che facciamo ma quello che siamo”.

Presenza, epifania e proclamazione: ecco tre modalità della Chiesa in missione. Quanto è importante il misticismo in questo slancio missionario? Molto.

“Per trovare il giusto equilibrio tra annuncio e ascolto – ha spiegato il teologo – è necessario alimentare una solida vita contemplativa”. Infine un suggerimento ai seminaristi: “Non partite in missione se non avete guarito le vostre ferite”, perché partire non è un fuggire da se stessi, ma un ritrovarsi grazie all’incontro con l’altro.