Uno dei tanti incontri che oggi – venerdì 13 ottobre – si stanno susseguendo nella sede bresciana dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, all’interno del Festival della Missione, ha visto come protagonisti proprio gli studenti dell’ateneo. Alle 12 di questa mattina, infatti, sono state presentate due iniziative che il Centro pastorale dell’Università sta portando avanti con impegno e successo.
La prima si chiama Mission Exposure ed è stata definita da padre Alessandro Motti, giovane sacerdote del Pime e responsabile dell’équipe che porta avanti il progetto, «un viaggio che cambia lo sguardo». Nella presentazione padre Motti ha spiegato che lo scopo dell’iniziativa è quello di «aprire finestre, trovare uno sguardo nuovo sugli altri e sul mondo» perché un’esperienza in terra di missione non può certamente far rimanere indifferenti. Tanto più se ad esserne protagonista è un giovane. L’iniziativa è promossa dall’Università, in collaborazione con quattro Istituti religiosi (Pime, Suore dell’Immacolata, Comboniani, Suore Dorotee), oltre alla partecipazione di altre congregazioni che mettono a disposizione le loro missioni come mete di destinazione degli studenti. Mission Exposure è organizzata in tre fasi: quella della preparazione, che prevede sei incontri a cadenza mensile da dicembre a maggio, il cui tema è quello del viaggio come metafora della vita; la fase della destinazione, che consiste nell’esperienza di missione, caratterizzata dal fatto che lo studente non sceglie la meta, né il proprio compagno di viaggio (questa modalità vuole insegnare a fidarsi di Dio); la fase della rielaborazione, in cui mettere a fuoco quali sono stati i frutti dell’esperienza fatta, sia a livello personale che professionale.
L’altra iniziativa dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, presentata oggi al Festival della Missione, è il Charity Work Program. Si tratta di un’esperienza di volontariato internazionale per gli studenti dell’ateneo, che mira a «promuovere la cultura della solidarietà, valorizzando le competenze e le professionalità acquisite nel corso di laurea» ha spiegato Laura Bossini del Centro di Ateneo per la Solidarietà Internazionale. La testimonianza di Sara e Clara, due studentesse del primo anno della laurea magistrale di Psicologia, da poco rientrate dalla Bolivia, è stata la prova che si può «vivere la missione anche in modo professionale», mettendo in pratica le proprie competenze e facendole fruttare «diventando prossimi di chi ha bisogno». «E se viaggiamo – hanno concluso, spronando i loro colleghi universitari a vivere senza timori quest’esperienza – il prossimo lo si trova».