Matteo Ricci ha attraversato la via della seta e quella dell’amicizia per compiere un’unica Missione fino alla Cina. Con un percorso di sola andata, il grande gesuita a cavallo tra il XVI e il XVIII secolo, nato a Macerata nel 1552 e morto a Pechino nel 1611, dopo una ventina di anni dopo il suo arrivo in Cina. La sua figura e l’attualità della sua opera è stata ricordata oggi pomeriggio in un incontro presso l’Università Cattolica di Brescia su “L’amicizia via per la missione”a cui hanno partecipato monsignor Claudio Giuliodori, assistente ecclesiastico generale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, padre Gianni Criveller, missionario del Pime e sinologo, Elisa Giunipero, professore associato di Storia delle Cina contemporanea e padre Federico Lombardi, già portavoce di papa Benedetto XVI e di papa Francesco. Monsignor Giuliodori, moderatore dell’incontro, ha conosciuto “da vicino” la figura di Matteo Ricci negli anni in cui è stato vescovo di Macerata e durante le celebrazioni italo- cinesi del quarto centenario della morte di Li Madou come il gesuita veniva chiamato dai cinesi. Grazie alla sua lunga e paziente  opera di studio e traduzioni di trattati matematici, geografici, astronomici, musicali e umanistici, i cinesi sono entrati per la prima volta in contatto col la cultura europea . Ne ha parlato padre Crìveller, ricordando un libro del gesuita maceratese  del 1595 intitolato “Dell’Amicizia” che divenne molto popolare, esprimendo uno stile di missione incentrato sulla relazione diretta con le persone. Ha spiegato Criveller: <<L’amicizia è la quinta delle virtù confuciane, ma è soprattutto un valore evangelico., Matteo è chiamato “il martire dell’amicizia”, aveva molti amici, uno fu Alessandro Malignano, suo superiore gesuita, con cui parlava di come trasmettere i valori del Vangelo in una cultura così lontana da quella italiana del Rinascimento>>. La professoressa Giunipero ha messo in luce il ruolo di Xu Guangqi, ministro della corte dell’Imperatore celeste e amico di Ricci, che si convertì al cristianesimo col nome di Paolo dopo a lettura dei testi sul “Signore del cielo”, ovvero su Dio. Dice la sinologa: <<I due amici fanno un grande lavoro in comune, traducono testi euclidei dall’inglese al cinese, e molto altro. Queste opere sono molto considerate perché hanno introdotto conoscenze occidentali nella cultura cinese>>. Ricci supera il nodo delle diversità culturali e antropologiche tra Occidente e Oriente attraverso il rapporto di amicizia con molte persone, facendo battesimi, ma soprattutto preoccupandosi di creare piccole comunità di cristiani formati alla fede e inseriti nella società. E non a caso le ultime parole con cui si congeda dai suoi confratelli prima di morire sono: <<Vi lascio una soglia aperta>>. Padre Lombardi si è soffermato sui frequenti riferimenti di papa Francesco all’opera di evangelizzazione di Matteo Ricci che è stato <<un punto di riferimento per i cristiani cinesi del suo tempo e dei secoli successivi. Non fece più ritorno alla sua terra natia, a quei tempi era difficile attraversare grandi distanze, la sua è stata una missione senza ritorno. Ricci resta l’icona di un missionario completamente dedito al suo impegno, sostenuto da una forza interiore straordinaria. Il tema dell’inculturazione è molto caro a papa Bergoglio, appassionato al tema del dialogo tra le culture. Una fede che non diventa cultura non è una fede in dialogo>>.