Istruzione sull’invio e la permanenza all’estero dei sacerdoti del clero diocesano dei territori di missione

 

CONGREGAZIONE PER L’EVANGELIZZAZIONE DEI POPOLI   ISTRUZIONE  SULL’INVIO E LA PERMANENZA ALL’ESTERO DEI SACERDOTI DEL CLERO DIOCESANO DEI TERRITORI DI MISSIONE

 

1. La missione universale dei presbiteri «fino agli ultimi confini della  terra» (At 1,8) è stata ribadita con forza dal Concilio Vaticano II e dal  Magistero dei Pontefici .

 

Nel Decreto sull’attività missionaria Ad  gentes, i Padri Conciliari esortavano i presbiteri ad essere  “profondamente convinti che la loro vita è stata consacrata anche al  servizio delle missioni” [2].

 

Lo spirito che anima questa apertura del servizio presbiterale è  innanzitutto missionario, nelle varie situazioni del mondo d’oggi, in modo  particolare l’evangelizzazione verso le popolazioni e i contesti  socio-culturali in cui Cristo e il suo Vangelo non sono conosciuti[3].

 

I Padri Conciliari avevano così continuato ed ampliato l’intuizione  profetica dell’Enciclica Fidei donum di Pio XII, che, come sottolinea  autorevolmente il Santo Padre Giovanni Paolo II, nell’Enciclica  Redemptoris missio: “incoraggiò i Vescovi a offrire alcuni dei loro  sacerdoti per un servizio temporaneo alle Chiese d’Africa, approvando le  iniziative già esistenti[4].

 

2. In effetti, dalla seconda metà del novecento, la particolare forma di  cooperazione missiona­ria tra le Chiese dei sacerdoti diocesani detti  fidei donum ha avuto e sta ancora avendo piena validità. Innanzitutto  dalle Chiese di antica fondazione verso le Chiese particolari non solo  dell’Africa, ma anche degli altri Continenti – quali l’Asia, l’America  Latina e l’Oceania -, dove l’evangelizzazione esigeva ed esige ancora oggi  nuova spinta e vigore per la povertà di mezzi e di personale.  Questo dono missionario ha portato a sperimentare pure lo scambio di  sacerdoti diocesani tra le Chiese degli stessi territori di missione, sia  nel medesimo Paese, verso zone e regioni meno evangelizzate, sia verso  Paesi, più bisognosi di personale apostolico dello stesso Continente o  addirittura di altri Continenti, sempre in ambito missionario. Tale  scambio è certamente da promuovere e alimentare, tenuto conto della  diminuzione dei missionari a vita provenienti dalle Chiese di antica  fondazione[5].

 

3. Questo scambio tra Chiese, frutto concreto di comunione universale,  deve mantenere una forte spinta missionaria, per evitare la tendenza  riscontrata di un certo numero di sacerdoti diocesani, incardinati nelle  Chiese particolari dei territori di missione, a voler lasciare il proprio  Paese, spesso con la motivazione di proseguire gli studi, o per altri  motivi non propriamente missionari, e a recarsi nei Paesi Europei o del  Nord-America.  Tali motivi spesso sono solo le migliori condizioni di vita offerte da  questi Paesi e anche la necessità di giovane clero in alcune Chiese di  antica fondazione. Questi convincono il sacerdote a non ritornare più nel  proprio Paese, talvolta con il tacito consenso del proprio Vescovo,  talvolta disubbidendo alla richiesta di rientro da parte del medesimo. Le  distanze e le difficoltà di comunicazione spesso contribuiscono al  permanere di tali situazioni irregolari.

 

4. Con questa Istruzione, il Dicastero Missionario intende pertanto  regolamentare la permanenza all’estero dei sacerdoti diocesani dei  territori di missione, per evitare che le giovani Chiese missionarie,  ancora molto bisognose di personale e in particolare di sacerdoti, vengano  private di notevoli forze apostoliche, assolutamente indispensabili per la  loro vita cristiana e per lo sviluppo dell’evangelizzazione tra  popolazioni in gran parte ancora non battezzate[6].

 

5. I destinatari di questa Istruzione sono innanzitutto i Vescovi  diocesani e coloro che sono equiparati nel diritto[7] delle circoscrizioni  ecclesiastiche che dipendono dalla Congregazione per l’Evangelizzazione  dei Popoli, che dovranno quindi attenersi alle norme ivi contenute,  dandone immediata applicazione, specie per risolvere i casi di situazioni  irregolari.  L’Istruzione viene pure inviata, di concerto con la Congregazione per i  Vescovi, agli Episcopati dell’Europa occidentale, del Nord-America e  dell’Australia, perché siano informati dell’esistenza del fenomeno e  prendano adeguati provvedimenti, affinché venga ristabilito un corretto  scambio tra le Chiese, motivato da vero spirito missionario. L’Istruzione  mantiene il proprio valore anche per altri Paesi, qui non citati, dove  eventualmente si verifichi il medesimo problema.

 

6. La formazione dei seminaristi dei territori di missione. La proposta  educativa del seminario deve farsi carico di una vera e propria  iniziazione dei seminaristi alla sensibilità del pastore e alle sue  responsabilità, inserendosi nella pastorale della propria Chiesa  particolare, dove con il diaconato verranno incardinati. E’ necessario  però che vengano anche aiutati ad aprire l’orizzonte della propria mente e  del proprio cuore alla dimensione specificamente missionaria ed universale  della vita ecclesiale[8].  Nei territori di missione si dovrà fare particolare attenzione perché non  si formi la mentalità che un seminarista, una volta ordinato sacerdote,  abbia il diritto di proseguire negli studi superiori e che il Vescovo  abbia l’obbligo di inviarlo all’estero.  E’ invece importante promuovere con cura la formazione permanente dei  sacerdoti, nella sua dimensione spirituale, intellettuale e pastorale, sia  a livello diocesano che provinciale o nazionale[9].

 

7. I motivi della permanenza all’estero. Uno dei motivi principali per cui  un sacerdote diocesano dei territori di missione è inviato in Occidente  dal proprio Ordinario è per proseguire gli studi in vista di uno specifico  servizio ecclesiale, quando nella propria Regione non vi siano strutture  accademiche adatte.  La formazione intellettuale dei sacerdoti, sia nelle discipline teologiche  che in quelle di altra natura, si è da sempre rivelata utile per ogni  Chiesa particolare. Così afferma il Concilio Vaticano II, nel Decreto  Optatam totius: “Sarà cura dei Vescovi curare che giovani capaci per  indole, virtù e ingegno vengano inviati, in speciali istituti, facoltà o  università, affinché nelle scienze sacre o in altre che sembrino  opportune, si preparino sacerdoti muniti di una formazione scientifica più  profonda, che siano in grado di soddisfare alle varie esigenze  dell’apostolato”[10].  Ogni Vescovo quindi deve compiere un’accurata selezione tra i suoi  sacerdoti, insieme ai suoi collaboratori, per inviare agli studi superiori  quelli veramente dotati e capaci, sulla base delle esigenze e necessità  della stessa Diocesi, quali l’insegnamento nel Seminario minore e  maggiore, la formazione permanente del clero, gli uffici di curia e  particolari settori della pastorale diocesana, oppure a livello  provinciale o nazionale, in questo caso d’intesa con la rispettiva  Conferenza Episcopale.

 

Si raccomanda vivamente che non vengano inviati agli studi quei sacerdoti  che presentino problemi di natura personale, nel vano tentativo di trovare  una soluzione, che invece devono essere aiutati in modi più opportuni e  specifici.  Il Vescovo che accoglie nella propria Diocesi sacerdoti dei territori di  missione per motivi di studio, dovrà provvedere alla loro formazione  spirituale, come già viene portato avanti con frutto in vari Paesi. Sarà  bene che la Conferenza Episcopale stabilisca delle norme particolari che  regolino la permanenza per motivi di studio di tali sacerdoti[11].

 

8. Un altro motivo per cui un sacerdote diocesano può venire scelto e  inviato all’estero per un certo tempo è l’assistenza pastorale agli  emigrati della propria nazione.  Il fenomeno della mobilità umana si sta ripresentando in forme nuove e  necessita di vera attenzione pastorale. E’ quindi quanto mai opportuna la  scelta di taluni Episcopati dei Paesi di missione di inviare all’estero,  in precise zone, sacerdoti capaci e animati da vero spirito missionario,  che seguano e raccolgano gli uomini e le donne del proprio Paese che sono  emigrati – e tra questi le persone emigrate o rifugiate in Paesi a  maggioranza non-cristiana – per assisterli spiritualmente e tenere i  contatti con il Paese di origine. Questo evidentemente dovrà avvenire con  precisi accordi con i Vescovi ed eventualmente con le Conferenze  Episcopali dove gli emigrati risiedono[12].

 

9. Un ulteriore motivo lo si riscontra eccezionalmente nei casi di  sacerdoti costretti a lasciare il proprio Paese, a causa di persecuzioni,  guerre o altri gravissimi motivi. Anche se spesso l’incombere degli eventi  non permette previsioni, è necessario poi chiarire le situazioni e le  posizioni di ciascun caso, tenuto conto anche delle esigenze della  legislazione delle singole Nazioni che accolgono i profughi.

 

 NORME

 

 Come regola generale, si ribadisce innanzitutto quanto sancito dal can.  283 §1, del C.I.C.: “I chierici, anche se non hanno un ufficio residenziale, non possono  assentarsi dalla propria Diocesi, per un tempo notevole, da determinarsi  dal diritto particolare, senza la licenza almeno presunta del proprio  Ordinario”.  La Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli richiama tutti i  Vescovi e i Sacerdoti diocesani alla stretta osservanza del citato canone,  in rapporto anche ai casi segnalati al n.3 della presente Istruzione.

 

A. Norme per l’invio agli studi dopo l’ordinazione sacerdotale.

 

art. 1 – Il Vescovo diocesano dei Paesi di missione, valutati i bisogni  concreti e sentito il parere dei suoi collaboratori, scelga il sacerdote  più idoneo a proseguire gli studi per la specializzazione richiesta, e ne  chieda il consenso. Stabilisca quindi la materia di studio in cui il  sacerdote dovrà specializzarsi, la Facoltà a cui si dovrà iscrivere e la  data del rientro definitivo.

 

art. 2 – Prenda accordi, per iscritto, con il Vescovo della Diocesi e con  l’Organismo preposto ove ha deciso di inviare il sacerdote, anche per  quanto riguarda il suo sostentamento economico.

 

art. 3 – Concordi con il Vescovo ospitante l’attività pastorale che il  sacerdote potrà svolgere, per il solo periodo della durata degli studi,  senza che questa comporti incarichi gravosi che impediscano il  completamento degli studi nel tempo convenuto e che non richiedano la  stabilità prevista dal diritto[13].

 

art. 4 – Il Vescovo diocesano che accoglie nella propria Diocesi sacerdoti  studenti dei Paesi di missione, verifichi che vi siano accordi precisi,  come sopra specificato, con il Vescovo che invia agli studi il sacerdote.

 

art. 5 – Il Vescovo che accoglie assicuri un’assistenza spirituale  adeguata per i sacerdoti studenti nella propria Diocesi, li inserisca  nella pastorale diocesana e li renda partecipi della vita del Presbiterio,  se­guendoli con paterna sollecitudine.

 

art. 6 – Il medesimo, in caso di gravi problemi, sentito il Vescovo che ha  inviato il sacerdote, prenda provvedimenti adeguati che possono giungere  fino a negare la licenza di permanere nella propria Diocesi[14].

 

art. 7 – Il sacerdote che si rifiuti ostinatamente, anche dopo  l’ammonizione prescritta[15], di obbedire alla decisione del proprio  Vescovo di rientrare in Diocesi, venga punito con giusta pena, secondo le  norme del diritto[16]. Prima di procedere, il Vescovo che invia informi  debitamente il Vescovo ospitante.

 

B. Norme per la permanenza all’estero per l’assistenza pastorale a  emigrati.

 

art. 8 – Oltre alle norme già emanate sia nel diritto universale che nel  diritto particolare, da parte dei due Vescovi interessati si provveda, a  concordare, con accordo scritto, le modalità e i tempi dell’assistenza  pastorale richiesta, prima di conferire l’incarico di cappellano di gruppi  di emigrati a un sacerdote incardinato in circoscrizioni ecclesiastiche  dei territori di missione. Tale sacerdote sia introdotto nella pastorale  diocesana e partecipi alla vita del presbiterio.

 

art. 9 – In caso di gruppi numerosi di emigrati vi potranno essere pure  accordi tra le Conferenze Episcopali interessate.  C. Norme per i casi di sacerdoti rifugiati per gravi motivi.

 

art. 10 – Il Vescovo che accoglie nella propria Diocesi un sacerdote  rifugiato dai territori di missione, per gravi motivi, prima di  assegnargli un ufficio pastorale, senta anche il parere della  Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli.  Il Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, nel corso dell’Udienza concessa al  sottoscritto Cardinale, il 24 aprile 2001, ha approvato la presente  Istruzione e ne ha ordinato la pubblicazione.  Roma, dalla sede della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, il  25 aprile 2001, Festa di San Marco, Evangelista.

 

Jozef Card. Tomko  Charles Schleck, C.S.C.,  Arcivescovo tit. di Africa,  Segretario Aggiunto

 

Note:

 

[1]Cfr. Conc. Ecum. Vat. II, Decreto sul ministero e la vita sacerdotale
Presbyterorum Ordinis, 10: AAS 58 (1966) 1007; Giovanni Paolo II, Lett.
enc. Redemptoris missio, 7 dicembre 1990, 67-68: AAS 83 (1991) 315-326.
[2]Conc. Ecum. Vat. II, Decreto sull’attività missionaria della Chiesa Ad
gentes, 39: AAS 58 (1966) 986-987.
[3]Cfr. Lett. enc. Redemptoris Missio, 33: AAS 83 (1991) 278-279.
[4]Lett. enc. Redemptoris missio, 68. Cfr. pure S. Congregazione per il
Clero, Note direttive Postquam apostoli, 23 luglio 1980, 23-31: AAS 72
(1980) 360-363; Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo
vobis, 25 marzo 1992, 18: AAS 84 (1992) 684-686.
[5]Cfr. Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, Istruzione
Cooperatio missionalis, 1°ottobre 1998, 16-17.
[6]Cfr. Istruzione Cooperatio missionalis, 20.
[7]cfr. C.I.C., can. 381 §2.
[8]Cfr. Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis, 58: AAS 84 (1992)
759-761.
[9]Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis, 72: AAS 84 (1992)
783-787.
[10]Conc. Ecum. Vat. II, Decreto sulla formazione sacerdotale Optatam
totius, 18: AAS 58 (1966) 725.
[11]A questo proposito da notare le direttive già emanate dalla Conferenza
Episcopale Italiana, Tedesca e degli Stati Uniti d’America.
[12]Cfr. Conc. Ecum. Vat. II, Decreto sull’ufficio pastorale dei Vescovi
nella Chiesa Christus Dominus, 18: AAS 58 (1996) 682; Paolo VI, Motu pr.
Pastoralis migratorum cura, 15 agosto 1969: AAS 61 (1969) 601-603; Pont.
Comm. per la Pastorale delle Migrazioni e del Turismo, Lettera circ. Nella
sua sollecitudine, 26 maggio 1978: AAS 70 (1978) 357-378; C.I.C., can.
568;Con­gregazione per l’Educazione Cattolica e Pont. Comm. per la
Pastorale delle Migrazioni e del Turismo, Lettera circ. La Pastorale della
Mobilità umana nella formazione dei futuri sacerdoti, 25 gennaio 1986.
[13]Per esempio l’ufficio di parroco, secondo il can. 522 del C.I.C..
[14]Cfr. C.I.C., can. 271 §3.
[15]Cfr. C.I.C., can. 1347 § 1.
[16]Cfr. C.I.C., can. 273 e can. 1371 n. 2.