Le telecamere di Luci nel Mondo, per uno degli otto docufilm prodotti per la Fondazione Missio in occasione dell’Ottobre missionario, arrivano in Perù e zoomano su Pucallpa, sulle rive del fiume Ucayali: «E’ una città nata dal commercio, qui girano molti soldi dovuti al narcotraffico e ad un mondo dell’illecito, compresa la tratta di esseri umani». Accompagnare questo popolo vuol dire stare «dentro i loro problemi, e noi come fidei donum siamo con gli ultimi della terra e abbiamo la gioia di condividere con loro ogni cosa. Lavoriamo dove ci sono difficoltà e anche bellezza».
A raccontarlo, nel docufilm dal titolo “Ai crocicchi… in Perù”, è don Luca Zanta, fidei donum di Milano, in missione nel Perù immenso e pieno di contraddizioni. Tra foreste di conifere e mangrovie, fiumi spettacolari e città molto povere. «L’Amazzonia, come si dice qui ‘innamora’ – dice don Luca – e non è solo una questione di ecologia: il papa ci chiede una conversione integrale. Noi cerchiamo di fare rete perché questi temi ci spingono a lavorare insieme».
La Chiesa «non fa proselitismo ma testimonia il Vangelo con la vita», suggerisce anche padre Massimo Mattarrucchi, classe 1978, di Operazione Mato Grosso anche lui a Pucallpa, con i salesiani.
Nel Paese guidato da Dina Boluarte quasi dieci milioni di persone vivono sotto la soglia di povertà. «Bisogna rinunciare ad alcuni privilegi e riuscire ad essere giusti per tutti», dicono i nostri missionari.
La storia ha inizio con don Luigi Bolla, missionario salesiano nel secolo scorso, ribattezzato Yankuam dagli indigeni Achuar, ossia ‘Stella del crepuscolo’. Luigi nasce a Schio, in provincia di Vicenza nel 1932. A sette anni frequenta l’oratorio salesiano della sua città ed i racconti dei missionari che passano da quelle parti aprono in lui una vocazione. Il sogno è quello di vivere per sempre in qualche remota foresta della terra. E così farà. Nel 1953, come salesiano, parte da Genova destinazione Ecuador: ci rimarrà per 30 anni. Successivamente approderà in Perù dove resterà per altri 30 anni fino alla morte nel 2013. Il suo integrarsi nelle comunità indigene è sempre più totale e senza filtri. Nel 1971 chiede ai superiori il permesso di staccarsi dalla comunità e di vivere secondo la modalità indigena. Così farà, assimilandosi in tutto e per tutto al popolo Achuar che amerà moltissimo. Inizia a vivere nelle loro case, ad usare i loro vestiti e ad alimentarsi come loro. «Non ho comprato mai più del cibo, loro mi nutrivano e mi hanno dato il nome di Yánkuam». Padre Bolla muore a Lima nel 2013 e gli indigeni preleveranno il suo corpo per portarlo nella foresta e seppellirlo secondo le loro usanze.
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