Ogni mattina, sulla strada verso scuola o l’ufficio, sono centinaia le automobili in coda abitate da una sola persona. Sui mezzi pubblici, la maggior parte dei passeggeri, ha la testa bassa sullo schermo dello smartphone e la musica in cuffia, quasi a voler dire: “non voglio entrare in contatto con nessuno”.
Ci stiamo così abituando ad essere sempre più individualisti e attenti esclusivamente ai nostri bisogni.
E se provassimo a recuperare un senso più aperto di condivisione? viaggiando insieme verso scuola, ad esempio. E se provassimo ad aprirci con i nostri vicini, con i colleghi? se condividessimo un po’ di ciò che abbiamo con chi non ne ha? Testimoniare la condivisione significa aprirsi agli altri e mettere a disposizione le proprie forze, le proprie attitudini, il proprio tempo ecc.

LEONARDO DA VINCI, ULTIMA CENA
1494-1498, dipinto murale a secco, 460 × 880 cm, Refettorio di Santa Maria delle Grazie, Milano

Nel Refettorio di Santa Maria delle Grazie a Milano Leonardo realizza una delle opere più celebri del Rinascimento italiano. Si tratta dell’Ultima Cena, realizzata tra il 1494 e il 1498 durante il soggiorno milanese del pittore. Sceglie di rappresentare un momento particolare del Vangelo: non la solenne istituzione dell’eucarestia, bensì il momento nel quale Gesù confessa ai suoi apostoli che uno di loro lo tradirà. Lo scalpore provocato da questa affermazione è ben rappresentato dai movimenti e dalle espressioni dei discepoli, ognuno dei quali reagisce a suo modo: chi alza le braccia al cielo, chi chiede “sono forse io?”, chi manifesta la sua innocenza e chi si interroga sconcertato. Nel trambusto generale, Gesù rimane fermo, immobile con le mani protese in avanti, segno della sua passione. Dopo aver condiviso il viaggio e il mistero di quel pane e vino, corpo e sangue di Cristo, i discepoli sono ora chiamati a condividere la passione del loro maestro con i loro limiti e fragilità. La particolarità di questa pittura sta nella figura di Giuda, l’uomo vestito di giallo e azzurro che tiene tra le mani il sacchetto con i denari. Fino a quel momento, l’iconografia tradizionale lo raffigurava dall’altro lato del tavolo, isolato rispetto al resto del gruppo per evidenziarlo come colpevole. Al contrario Leonardo decide di inserirlo in mezzo agli altri discepoli, non condannandolo come “il cattivo”, ma restituendogli la sua umanità fragile. In questo modo si vuole sottolineare che alla tavola con Cristo, tutti sono invitati a condividere le gioie e le difficoltà della vita, non nascondendo i propri limiti ma offrendoli al Salvatore.

FRANCESCO GABBANI: VICEVERSA 
Gabbani, con questa canzone, ha l’ambizione di fare il punto sull’amore, cercando di dare un nome e una forma al sentimento più complesso, controverso e astruso che l’essere umano possa vivere. Tenta di “spiegare il complesso meccanismo che governa l’armonia del nostro amore”, senza la pretesa di riuscirci fino in fondo. Mette quindi al centro della canzone una coppia, e come potrebbe essere altrimenti, traducendo in parole l’imprevedibile percorso dei sentimenti”

Noemi e Jasmine, di anni 14 e 13, ascoltando questa canzone dicono che: Nella canzone “Viceversa” viene messo al centro di tutto l’amore, capace di trovare un equilibrio per affrontare il mondo in cui viviamo. Un mondo folle che come dice lui “parla di pace ma fa la rivoluzione”. Nel ritornello si parla di condivisione e della forza che si riesce a dare in brutti momenti. Per noi la condivisione è quel momento in cui le emozioni lasciano spazio all’altra persona per riempire quei vuoti come un puzzle, per riuscire a superare gli ostacoli insieme. Questa canzone ci rende consapevoli che la vita non è tutto rose e fiori ma che tutti i momenti bui possono essere superati soprattutto con qualcuno accanto.  

CHARLES DE FOUCAULD
Nasce a Strasburgo il 15 settembre 1858. Orfano a 6 anni, cresce assieme a sua sorella Marie e al nonno, del quale seguirà la carriera militare. Nell’adolescenza si allontana dalla fede. Intraprende una pericolosa esplorazione in Marocco (1883-1884) e la testimonianza di fede dei musulmani risveglia in lui l’interrogativo: “Ma Dio, esiste?”. Rientrato in Francia, colpito dalla discreta ed affettuosa accoglienza della sua famiglia, profondamente cristiana, si mette in ricerca e chiede ad un sacerdote di istruirlo ritrovando Dio nell’ottobre del 1886, all’età di 28 anni. Scrive: “Come credetti che c’era un Dio, compresi che non potevo far altro che vivere per Lui solo”. È un pellegrinaggio in Terra Santa a rivelargli la sua vocazione: seguire ed imitare Gesù nella vita di Nazareth. Dopo alcuni anni decide di vivere un periodo da solo, nella preghiera, nell’adorazione, in una grande povertà, presso le Clarisse di Nazareth. Ordinato sacerdote a 43 anni, nella Diocesi di Viviers, si trasferisce nel deserto algerino del Sahara, prima a Beni Abbès, povero tra i più poveri, poi più a Sud a Tamanrasset con i Tuaregs dell’Hoggar, dove vive una vita di preghiera, meditando continuamente la Sacra Scrittura, e di adorazione, nell’incessante desiderio di essere, per ogni persona il «fratello universale», viva immagine dell’Amore di Gesù. Diceva: “Vorrei essere buono perché si possa dire: Se tale è il servo, come sarà il Maestro?”. Vive nella costante testimonianza per “gridare il Vangelo con la sua vita”. La sera del 1° dicembre 1916 viene ucciso da una banda di predoni di passaggio.

FRATEL BIAGIO CONTE
Biagio Conte è stato un missionario laico italiano che, da ricco si è fatto povero per i poveri, sull’esempio del santo di Assisi. Ha peregrinato in Italia e in Europa per sensibilizzare la gente ai temi della pace, della solidarietà, della fratellanza; ma la sua missione principale è stata nella sua Palermo dove, nel 1993, ha fondato la “Missione di speranza e carità” per offrire assistenza alle persone più fragili: senza tetto, disabili e immigrati. Ogni giorno il centro missionario offre sostegno abitativo e alimentare, assistenza medico-legale, mediazione culturale e corsi di alfabetizzazione per migranti.

 Per conoscere meglio la figura di Fratel Biagio e la sua Opera visita il sito

Dal Vangelo di Giovanni 6.1-14
Dopo questi fatti, Gesù andò all’altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberìade,  e una grande folla lo seguiva, vedendo i segni che faceva sugli infermi.  Gesù salì sulla montagna e là si pose a sedere con i suoi discepoli.  Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei.  Alzati quindi gli occhi, Gesù vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: «Dove possiamo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?».  Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva bene quello che stava per fare. Gli rispose Filippo: «Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo». Gli disse allora uno dei discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro:  «C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?». Rispose Gesù: «Fateli sedere». C’era molta erba in quel luogo. Si sedettero dunque ed erano circa cinquemila uomini.  Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li distribuì a quelli che si erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, finché ne vollero.  E quando furono saziati, disse ai discepoli: «Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto».  Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d’orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato. Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, cominciò a dire: «Questi è davvero il profeta che deve venire nel mondo!».

 

Preghiera (Carlo Maria Martini)
Signore Gesù, mia vita, mio tutto, tu mi chiedi di dare gratuitamente quanto gratuitamente mi hai donato.
Aiutami a condividere con gli altri i doni ricevuti nello spirito del dialogo e dell’accoglienza reciproca.
mi affido a te perché sia vigile e responsabile nella lettura dei segni del tempo e testimoni il primato del Padre nel mio lavoro quotidiano e nei rapporti familiari e sociali. Amen

FOCUS GIUBILEO: Consulta il Sussidio “Pellegrini di speranza” nella sezione PROMESSA

 

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