Dal primo ottobre, i giovani di età compresa tra 18 e 35 anni che vorranno dedicare alcuni mesi della loro vita ad un’esperienza di missione e formazione in una Chiesa sorella del Sud del mondo possono usufruire della nuova “Convenzione giovani”.
Con l’inizio del mese di ottobre, infatti, è entrata in vigore la nuova Convenzione approvata nel corso dei lavori della 77esima Assemblea generale della Conferenza episcopale italiana, il 24 maggio scorso. In vigore per un triennio ad experimentum, si aggiunge alle altre già esistenti dedicate a sacerdoti fidei donum, laici, preti stranieri nel nostro Paese, ecc. Può avere la durata di 12 mesi (non prorogabile) e può essere attivata per un massimo di 70 giovani all’anno.
Rispetto alla già esistente “Convenzione laici”, attiva sin dal 2003, che prevede una durata di tre anni e si tratta di un’esperienza che – di fatto – si rivolge a giovani-adulti che già hanno raggiunto una maturità personale e di servizio, questa nuova Convenzione risponde alle esigenze dell’attuale momento storico nel quale i giovani hanno l’opportunità di impegnare un periodo di tempo più breve in esperienze di servizio. Tra coloro che si affacciano ai Centri Missionari Diocesani e alle associazioni di volontariato internazionale, e si rendono disponibili per un invio missionario, ci sono per lo più giovani che, prima di assumere un impegno lavorativo stabile, si mettono con generosità a disposizione per un anno di servizio volontario a fianco dei missionari italiani. Ma i tre anni previsti dalla Convenzione laici già esistente risultano spesso troppo lunghi per chi sta attraversando un periodo di vita in cui vengono definite le basi per la costruzione della propria vocazione personale, lavorativa e familiare.
La nuova Convenzione ha un valore aggiunto per il giovane: tiene conto, infatti, anche del desiderio e della necessità di vivere un’esperienza che aiuti a maturare sé stessi, nel confronto con persone, luoghi, situazioni e contesti inediti per un giovane. Ecco perché, oltre all’esperienza di servizio in missione, prevede in ugual misura anche un’esperienza formativa.
Come? Con l’affiancamento di due figure dedicate che preparano, seguono e accolgono il giovane missionario: quella di un tutor in Italia (abilitato attraverso un corso specifico presso il CUM di Verona) che seguirà la preparazione prima della partenza, e il rientro e la rielaborazione dell’esperienza, una volta conclusi i 12 mesi; e quella di un accompagnatore durante la permanenza in missione, scelto dalla diocesi che accoglie e coinvolto nel progetto di cooperazione missionaria in cui il giovane si inserisce.
E’ importante che, tra la Chiesa che invia e la Chiesa che accoglie, sia già in atto un progetto di cooperazione tra le Chiese, all’interno del quale possa essere garantita al giovane un’esperienza “comunitaria” con altri missionari e di condivisione con la comunità locale.
La Convenzione, infatti, prevede il coinvolgimento sia della diocesi italiana che invia (attraverso il Centro Missionario Diocesano o gli Istituti missionari o i Seminari o gli organismi di volontariato di ispirazione cristiana confederati nella FOCSIV), sia della Chiesa che accoglie, chiamata a definire uno spazio concreto d’impegno per il giovane, sia in campo pastorale che in quello dello sviluppo e della promozione umana.
Concretamente, la Conferenza episcopale italiana contribuisce all’esperienza del giovane attraverso la formazione specifica presso il CUM di Verona, con la copertura assicurativa già prevista per i missionari laici e con le spese per il viaggio di andata e ritorno, all’inizio e al termine del servizio.
La nuova Convenzione, per le caratteristiche con cui è stata ideata e definita, ha l’opportunità di intercettare anche ragazzi e ragazze oggi “lontani” dalle comunità ecclesiali, ma attenti ai temi della cooperazione e della mondialità, e anche alla ricerca delle radici profonde della propria fede.
Inoltre le caratteristiche che definiscono la “Convenzione giovani” rispondono anche alle esigenze formative dei seminaristi (presentate nella bozza della nuova Ratio nationalis per i Seminari ai numeri 153-156).
Un’esperienza di missione e di formazione in una Chiesa sorella del Sud del mondo, infatti, è sempre più richiesta da chi si prepara al sacerdozio: permettergli di viverla all’interno di questa cornice, quale quella della nuova Convenzione, facilita seminaristi, formatori e rettori ad inserire nei piani di studio e formazione la possibilità di vivere un’esperienza che è sicuramente incisiva e costruttiva nel bagaglio personale dei sacerdoti di domani.
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