Don Valerio Bersano, segretario nazionale di Missio Adulti&Famiglie, ogni mese commenta l’intenzione di preghiera proposta da papa Francesco tramite l’Apostolato della Preghiera, Opera e Fondazione pontificia.

La riflessione di don Bersano viene pubblicata in una pagina ad hoc sul mensile “Popoli e Missione”. Volentieri la riportiamo anche qui.

«Preghiamo perché la comunità internazionale si impegni concretamente nell’abolizione della tortura, garantendo un sostegno alle vittime e ai loro familiari».

Il 26 giugno si celebra la Giornata internazionale a sostegno delle vittime di tortura: la giornata venne istituita nel 1997 e l’ONU si impegnò per contrastare tale terribile pratica, impegnando ingenti risorse per assistere le vittime di tortura.

Nel tempo questo impegno è stato lasciato all’iniziativa volontaria degli Stati ma, come possiamo immaginare, si sta contraendo, segno che l’attenzione internazionale su questo aspetto sta diminuendo pericolosamente. Nell’immaginario pubblico, qui in Italia, la tortura sembra un retaggio di documentari e realtà del passato; invece questo inumano e vigliacco modo di usare violenza ai prigionieri viene ammesso e tuttora ampiamente praticato in troppi luoghi del mondo.

Chi davvero si interroga su questo e conosce i luoghi dove viene praticata qualche forma di tortura? Chi è al corrente che sono oltre 50mila le vittime registrate ogni anno?

Nella Dichiarazione Universale dei diritti umani (proclamata nel dicembre del 1948) si dichiara: «Nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura, a trattamenti o a punizioni crudeli, inumani o degradanti», ma vi sono purtroppo molte forme di tortura, da quelle più rudimentali fino a quelle più “nascoste” e pericolose che, apparentemente, non lasciano segni esterni, ma colpiscono la persona nella mente e nei sensi.

Impegnarsi nel fare una campagna di sensibilizzazione è compito di tutti i Paesi e di tutte le istituzioni nazionali e internazionali, visto che non c’è un continente nel quale la tortura sia stata definitivamente messa al bando. Se la tortura è un crimine sanzionato dal diritto internazionale, come mai ogni continente conta anche oggi migliaia di vittime? Perché non esiste una condivisione internazionale per contrastarla efficacemente? In linea di principio si è d’accordo nell’affermare che non è mai consentita né giustificata, nemmeno in casi di emergenza, instabilità politica, minaccia di conflitto armato e perfino stato di guerra.

La lotta a questa pratica aberrante deve continuare e rafforzarsi: siamo consapevoli che la strada per eliminare la tortura nel mondo è ancora lunga e richiede nuovi interventi e maggiore consapevolezza nella pubblica opinione sulla gravità del fenomeno. Facciamo la nostra parte, informandoci e adoperiamoci affinché nelle giovani generazioni si senta più che in passato la responsabilità di difendere ogni vita, tutelare ogni persona, anche se sospettata di aver agito contro i principi fondamentali. La tortura venga radiata dall’agire e dal linguaggio umano perché totalmente lontana dal significato di “vita umana”.