Si è concluso ieri – martedì 25 aprile – il 66esimo Convegno missionario nazionale dei seminaristi svoltosi al Seminario arcivescovile di Napoli, dove per quattro giorni 110 futuri sacerdoti, in arrivo dalle varie regioni d’Italia, hanno riflettuto e si sono confrontati su cosa significa essere missionari.
Nei gruppi di studio che hanno ripreso il tema dell’incontro “Di me sarete testimoni: vite che parlano”, sono scaturite alcune parole significative che i seminaristi hanno scelto per fissare gli stimoli e i concetti più salienti.
Don Gennaro Matino, docente di Teologia pastorale e Storia del cristianesimo, introducendo i lavori di gruppo ha esortato i seminaristi a dare peso alle parole, perché «le parole vestono i fatti, cioè le parole sono un vestito con il quale noi presentiamo la realtà». D’altronde, si è chiesto il sacerdote, «ci sarà un motivo per cui Dio ha scelto di incarnarsi? Ci sarà un motivo per cui il luogo privilegiato in cui Lui si rivela è la Parola? Con la Parola di Dio, la sua divinità si impianta nella nostra umanità».
Riprendendo le parole che i vari gruppi hanno scelto e identificato, don Giuseppe Pizzoli, direttore di Missio, in chiusura del Convegno ha fatto sintesi dei temi approfonditi nei quattro giorni e degli echi che ne sono scaturiti.
Raccogliendo le espressioni più significative, ha restituito ai partecipanti l’invito a «superare paure e pregiudizi», «vivere come segno fragile della misericordia», «uscire dal proprio sguardo per entrare nello sguardo dell’altro», «allargare gli orizzonti».
Don Pizzoli ha poi elencato alcuni aspetti indispensabili per poter “fare missione”, attingendo alle parole chiave scaturite dai gruppi di lavoro: tra questi aspetti, «essere disposti al cambiamento, all’incontro, ad entrare in relazione con l’altro, a buttarsi e rischiare». Tutto questo va fatto «con la certezza che siamo accompagnati da Dio, senza mai staccarsi da Lui».
Il direttore di Missio ha sottolineato cosa significa “incarnare la realtà”, azione indispensabile affinché la propria vita parli di Dio: significa «accogliere la realtà come provocazione che mi converte, mi cambia dentro, prende carne in me» e «lasciare che la misericordia di Dio, il suo amore per gli uomini, la sua vicinanza che apre alla speranza, prenda carne in noi, nelle nostre azioni, attraverso i nostri occhi e i nostri sguardi, attraverso i nostri gesti, le nostre mani, i nostri piedi».
Infine don Pizzoli ha concluso rispondendo ad una domanda che ha scorto nascosta tra i lavori dei seminaristi in questi quattro giorni: come si diventa missionari?
Ed ha risposto non usando parole e concetti suoi, ma riprendendo le riflessioni scaturite proprio dai partecipanti, in una restituzione delle riflessioni raccolte: «Il primo passo per diventare missionari – ha sintetizzato – è “lavorare su sé stessi” e riconoscersi amati da Dio e oggetto della sua Misericordia. Il secondo passo è cominciare a mettere i piedi in acqua e provare ad “attraversare il mare”, ovvero allargare gli orizzonti e disporsi al cambiamento generato dall’incontro. Il terzo passo è “diventare pescatori di uomini”, cioè portatori di quella Misericordia che noi per primi abbiamo ricevuto».
In una frase: “vivere per dono”, sapendo che questo percorso non può essere frutto soltanto della buona volontà, ma «deve essere vissuto nella “docilità allo Spirito”, sotto l’azione dello Spirito Santo».