Da Reggio Calabria a Messina, al di là dello Stretto. E’ stata questa la strada percorsa nella giornata di oggi – giovedì 27 febbraio 2025 – dai partecipanti alla 68esima edizione del Convegno missionario nazionale dei seminaristi, in corso fino a sabato nel capoluogo di regione sulla punta dello Stivale.

Arrivare fino in Sicilia è stato un modo per conoscere altre realtà impegnate sia nell’accoglienza ai migranti, sia nel dialogo interculturale tra le diverse etnie presenti nella zona.

La giornata di trasferta è iniziata con la celebrazione eucaristica nella cattedrale, presieduta da monsignor Giovanni Accolla, arcivescovo di Messina, che si è rivolto in maniera diretta ai seminaristi sottolineando che «in questo momento storico di secolarizzazione, dare testimonianza del Cristo è una sfida di controcorrente culturale».

Ma ha anche esortato i futuri sacerdoti a non temere, perché «ognuno di voi è stato oggetto dell’attenzione di Dio, nonostante le proprie fragilità» e «si può avere una grande forza di missionarietà nell’annuncio, solo se si sente forte l’attrazione di Dio per noi».

Nella giornata a Messina i seminaristi hanno incontrato anche il direttore dell’ufficio diocesano Migrantes, il diacono Santino Tornesi, e i cappellani delle comunità cattoliche filippina e cingalese presenti in città, che hanno preparato non solo un pranzo etnico, ma anche uno spettacolo teatrale per presentare canti e danze tradizionali.

Un esempio di come l’integrazione può essere incontro, condivisione di valori e tradizione, rispetto. «I migranti – ha detto il cappellano della comunità filippina – sono persone che non sono “un pericolo” ma sono “in pericolo” e per questo nessuno può rimanere indifferente», soprattutto nella Chiesa, dove nessuno deve sentirsi straniero.

Nel pomeriggio padre Gabriele Bentoglio, scalabriniano, biblista, responsabile dell’ufficio Migrantes di Reggio Calabria e padre spirituale del Seminario calabrese, ha condiviso la sua riflessione teologica sul tema del Convegno: “Un banchetto per tutte le genti”. Andare ed invitare tutti al banchetto è fare missione. Ma oggi «l’annuncio missionario – ha spiegato padre Bentoglio – cade in un ambiente turbolento, frammentato e diffidente. Eppure questo mondo aspetta il nostro annuncio». In un tale contesto come possiamo essere autentici missionari?

La risposta la dà Gesù nel Vangelo, quando invita i suoi ad andare come stranieri sprovvisti di tutto, eccetto il tesoro del Vangelo. Infatti, ha concluso padre Bentoglio, «è nella necessità di dover dipendere dall’ospitalità offerta, che il missionario trova l’ambiente appropriato per “fidarsi” e condividere il Vangelo».

In altre parole, povertà e distacco non sono disprezzo della vita umana, ma costringono l’azione missionaria a considerare come relativo tutto ciò che determina l’identità terrena», come etnia, cultura, nazionalità, status sociale, ecc.

Insomma per l’annuncio del Vangelo occorre liberarsi degli orpelli e per servire l’umanità in cammino «servono strutture leggere e flessibili, tende mobili e sradicabili».