
Con la giornata di oggi – venerdì 28 febbraio 2025 – si sono chiuse le sessioni formative della 68esima edizione del Convegno missionario nazionale dei seminaristi, in corso a Reggio Calabria da mercoledì scorso.
Domani mattina, sabato, è prevista la celebrazione della Santa Messa conclusiva, che sarà presieduta da don Giuseppe Pizzoli, direttore Fondazione Missio; poi le partenze per rientrare nelle rispettive diocesi.
Il terzo giorno di Convegno è stato denso di stimoli e contenuti.
Si è aperto con la relazione di padre Claudio Monge, domenicano, da 22 anni in Turchia, docente di Intercultura delle Religioni, che ha offerto ai presenti un’intensa relazione su tema che dà il titolo al Convegno: “Un banchetto per tutte le genti”.
Nel Vangelo i riferimenti all’atto del “mangiare insieme agli altri” di Gesù, sono ben 137, ha fatto notare padre Monge. «Una tale insistenza si spiega solo così: ha un valore rivelativo di Dio. Cristo vuole dirci qualcosa: la partecipazione alla tavola comune come un tratto caratteristico del mistero di Gesù». Non c’è dubbio che nell’esperienza umana del mangiare, Dio comunichi meglio, cioè «l’immagine di Dio che ci viene svelata nei pranzi di Gesù è sorprendente e svela la sua profonda umanità».
Senza dubbio, per Gesù è importante l’esperienza umana che si vive quando si condivide la tavola con coloro che non hanno da ricambiare. «Questa – ha spiegato padre Monge – è la logica dell’incarnazione».
Poi ha fatto riferimento alla sua esperienza di missione in Turchia, dove vive da quasi 23 anni in mezzo ad una minima presenza cristiana.
«Mi chiedono: ma cosa ci fate lì se battezzate due o tre persone all’anno e se non arriverete mai a convertire nessuno in terra d’islam? La risposta: tentiamo di condividere l’umano, l’essenziale, certi che in questo c’è il nocciolo del cristianesimo. Il terreno comune dell’incontro è la carne affamata e assetata. E il banchetto con vestiti a festa, musiche e danze è per mostrare la gioia dell’incontro col Padre».
Entrando nello specifico del brano del Vangelo di Matteo al capitolo 22, ha poi commentato: «Il dato più rilevante del brano evangelico è il motivo della non-risposta dei primi invitati: essi antepongono gli interessi personali all’esperienza della convivialità».
Pensare ai propri interessi, per gli uomini di Chiesa, può voler dire anche «considerare Dio un ostaggio esclusivo: abbiamo chiuso Dio dentro la Chiesa e Gesù bussa da dentro, perché vuole uscire». Invece chi accetta l’invito mostra e vive la gioia dell’incontro e della convivialità: «Questi sono coloro che hanno incontrato il Signore e che sanno far approfittare altri di questo prezioso incontro».
Le testimonianze missionarie
Dopo la densa relazione del domenicano, uno spazio particolare è stato dato alle testimonianze dal mondo missionario.
Il diacono Cristian Frisa, dal Seminario di Caltagirone, ha raccontato la sua esperienza di sei mesi in Bolivia, grazie alla nuova “Convenzione giovani” della CEI (per approfondire clicca qui). Il diacono siciliano è stato invitato ad andare in missione come ultima esperienza formativa dei sei anni di studio, invito che viene fatto a tutti i seminaristi di Caltagirone.
Cristian ha vissuto nel Vicariato di Pando, esteso quattro volte la Sicilia, con soli otto sacerdoti. «L’esperienza – ha raccontato Cristian – all’inizio è stata dura, in quanto era una cosa che non avevo chiesto io. Inoltre non conoscevo la lingua e mi domandavo: cosa ci faccio qui? Poi mi sono reso conto che quest’esperienza era preziosa: ho scoperto una fede viva, una Chiesa giovane, che ti chiede e ti dà tanto. Una Chiesa dove alla fine ho lasciato il cuore».
Il seminarista Elysé Randrianatolotra, studente a Reggio Calabria ma proveniente dal Madagascar, ha condiviso la sua testimonianza di missione dal Sud al Nord del mondo, caratterizzata da un notevole esercizio di fiducia, in quanto è stato inviato in un Paese sconosciuto, in mezzo a persone di cultura e lingue diverse. Ma ha imparato a «fidarsi sempre di Chi ci chiama e a fidarsi degli strumenti che Dio usa per rivelarsi».
Anche don Pascal Nyemb, direttore del Centro missionario diocesano di Reggio Calabria – Bova, ha raccontato della sua esperienza di formazione in Italia, come seminarista e come missionario che arriva in direzione contraria a quella normalmente intesa, ovvero da una giovane Chiesa di missione (quella del suo Paese, il Camerun) ad una Chiesa che ha duemila anni di storia ma sembra diventare sempre più secolare.
«Quando il mio vescovo mi ha mandato in Italia – racconta – avevo grandi pregiudizi nei confronti della Calabria. Ma poi, grazie ai formatori del Seminario, ho vinto le mie paure. Fidiamoci sempre di ciò che ci viene chiesto!», ha detto ai seminaristi presenti.
L’ultima giornata piena di Convegno si è poi conclusa con i laboratori, spazio di incontro e confronto per i partecipanti provenienti da diversi Seminari italiani.