Quando sono partita per un mese di missione con i padri Dehoniani in Mozambico, non pensavo che questa esperienza mi avrebbe lasciato così tanto.
Ingenuamente, la mia idea iniziale era quella di partire per un’esperienza dove io potessi sentirmi davvero essenziale e utile per il prossimo, aiutare a salvare vite o capire cosa fosse la fame.
Solo ora al mio ritorno mi rendo conto di come a causa della mia presunzione avessi perso di vista l’obiettivo finale.
Prima di aiutare gli altri devi aiutare te stesso, aprendo il cuore e la mente a ciò che le persone sono pronte a trasmetterci. Visitando le missioni di Gurue, Nampula, Quelimane e Molocue ho capito quanto sia essenziale la presenza del lavoro missionario in Mozambico ed in Paesi che versano in condizioni simili. Le quattro settimane spese a Molocue a stretto contatto con i bambini e giovani della comunità sono state una prova molto ardua, noi eravamo quattro animatrici e i bambini più di duecento, con una vivacità diversa da quella che siamo abituati noi in occidente. Su questo frangente l’esperienza è stata una vittoria non solo per la riuscita sul piano organizzativo (giochi ecc.), ma soprattutto per l’affetto sincero e genuino creatosi con i bambini. Il calore con cui la comunità ci ha dato il benvenuto e giovani e adulti ci hanno accolto è qualche cosa di indimenticabile, che lascerà in me una traccia indelebile. Non meno fondamentale è stata l’accoglienza dei quattro padri della missione di Molocue. Uno dei motivi per cui ero partita per un’esperienza missionaria era la ricerca di Dio: ciò che mi ha lasciato il Mozambico è aver capito quanto fondamentale sia vivere nella spiritualità per dare un senso alla nostra vita e ai gesti che facciamo, a come ci comportiamo con noi stessi e con gli altri.
Il motto Dehoniano è “con Mente e Cuore Aperti“, e con essi ho accolto ciò che mi stato dato in dono in questo mese di Missione.
Elena, Mozambico